( o.a.) Ha il suo bel dire il nuovo presidente della Regione Veneto, che Verona ha una forte rappresentanza nella giunta regionale e che la considera strategica. Peccato che i fatti ci raccontino altro.
L’assessorato a Trasporti, toccato al veronese Diego Ruzza non è certo di primo piano. Tutti sanno che le deleghe più importanti assegnate alle Regioni sono la Sanità, che da sola assorbe più dell’80% del bilancio e l’Agricoltura.

Parentesi: Verona è la provincia agricola più importante, ma l’assessore è di Belluno. Sarebbe curioso sapere con che criterio Chiusa parentesi.
Ciò considerato agli altri assessorati in termini di finanziamenti rimangono le briciole. E, si sa, senza finanziamenti, si fa ben poco.
Stefani parla del ruolo importate della veronese Elisa De Berti, consigliere con delega senza diritto di voto in Giunta, ma ha il sapore di un contentino all’interessata, che non aggiunge nulla al peso politico della nostra provincia. Oltretutto fino a ieri era la vice di Zaia, e come tale non può che aver condiviso tutte le scelte che hanno privilegiato il Veneto orientale a discapito del nostro territorio.
Che poi ci venga a raccontare che il prof. Gerosa, eccellente cardiochirurgo e docente dell’Università di Padova ed ivi residente sia da considerare mezzo veronese solo perché tanti anni fa ha lavorato nella nostra città ci fa capire il suo intento consolatorio, consapevole com’è di aver tagliato fuori Verona con Padova che ha 3 assessori, 4 con Gerosa, e il presidente. Su 11 componenti ( assessori e presidente) Padova ha ben 5 rappresentanti.
Questi i fatti, che cozzano con le parole di Stefani.
Nella Regione Verona pesa pochissimo
La realtà, come evidenziato più volte da l’Adige da qualche anno è ben diversa. Anche in questa legislatura regionale Verona pesa pochissimo.
Con questi assetti del potere regionale per i prossimi 5 anni non ci si può aspettare niente di buono per la provincia di Verona. E qualcosa del genere accade anche a Vicenza. Per cui si sta cronicizzando il problema dell’ addensamento del potere nel triangolo Padova Venezia Treviso. A questo punto c’è da chiedersi: quali sono le ragioni che stanno a monte di questa situazione?
Come mai dopo 50 anni Verona non è stata in grado di esprimere il presidente della regione? Mancanza di nomi?
Non si direbbe, visto che dello stesso partito di Stefani, tanto per fare un esempio, c’era il presidente della Camera Lorenzo Fontana. E scusate se è poco. E c’era anche la vicepresidente uscente De Berti, sempre della Lega.
E non è che Fratelli d’Italia, il partito che solo l’anno scorso a Verona aveva sfiorato il 40%, non avesse dei nomi. Fra deputati, senatori e sottosegretari c’era solo l’imbarazzo della scelta.
E anche Forza Italia aveva il suo nome, proposto da alcuni mesi: Flavio Tosi.

Allora, se non è questione di nomi, viene da chiedersi se non siano i partiti a non avere coscienza che era necessario avere un veronese alla presidenza per ri-centralizzare Verona. E siccome non è pensabile che i massimi livelli dei partiti non ne abbiano la consapevolezza, allora, ci si domanda, non è che non sanno fare squadra tra loro?
Oppure la ragione è che non sono ascoltati dai leader nazionali. Che la Meloni e Salvini – non Tajani che si era esposto per Tosi- non li tengono nella sufficiente considerazione? Il che per la Meloni sarebbe strano, visto che ha sempre detto che Verona è la capitale della destra veneta.
Considerazioni, queste, che riguardano quanto avvenuto al tavolo nazionale.
Qualcosa del genere però, e questo è ancora più grave, è accaduto al tavolo per la composizione della giunta, dove i veronesi non sono stati in grado di ottenere un contrappeso a una situazione già sbilanciata sul triangolo Padova-Treviso-Venezia. O forse è perché al tavolo regionale per i due partiti maggiori i veronesi non c’erano?
