( o.a.) Chissà se la giunta comunale quando ha deciso di fa pagare 5 euro per l’entrata nel cortile della Casa di Giulietta lo avrebbe fatto, sapendo che uno dei più prestigiosi giornali inglesi, The Telegraph, contemporaneamente usciva denunciando che il famoso balcone è una bufala?
Non solo. Ha messo la maggior attrazione turistica di Verona che attira ogni anno un milione e mezzo di turisti come la prima delle 10 mete turistiche da evitare, spiegando anche che si tratta di un falso storico costruito apposta per sfruttare il mito scritto da uno Shakespeare che a Verona non ha mai messo piede.

La cosa non è una novità. Noi veronesi lo sappiamo bene. Ma il fatto che esca su un quotidiano fra i più importanti del mondo anglofono qualche danno in termini di presenze lo provocherà di sicuro.

D’altra parte quando il business ha fondamenta solo nella fantasia del drammaturgo inglese e nella creatività dell’architetto Antonio Avena che negli anni ’30 ebbe l’idea di allestire sia la casa che la tomba di Giulietta sfruttando vari reperti lapidei trovati negli scantinati dei palazzi veronesi per dare un riferimento concreto alla favola dei giovani amanti, prima o poi doveva succedere.
Avena, sia ben chiaro, fu tutt’altro che un falsario. Anzi a lui va il merito di aver riscoperto e riqualificato una Verona medievale che oggi noi stessi non saremmo in grado di vedere oltre che aver fondato il sistema museale della città.

La Casa di Giulietta. Più che un falso un’illusione che fa sognare

Ed è suo il merito, pur con un espediente architettonico, spostando un sepolcro di qua e una mangiatoia di là, di aver tenuto in vita un mito mondiale incentrato sull’amore, che è sempre una bella cosa. Se poi la gente prende l’aereo e viene dall’Australia o dall’America per vedere il famoso balcone e toccare la tetta della statua della giovinetta, che male c’è?
E’ un’illusione che fa bene al cuore di chi ci va e all portafoglio degli operatori turistici. D’altra parte, nel mondo virtuale in cui siamo immersi, di illusioni, anche dannose, ce ne sono un’infinità.