Non la corte del Duca ma una corte commerciale. Rigoletto per una sera è tornato a “casa” su un palcoscenico d’eccezione, dove l’opera lirica ha dimostrato ancora una volta la sua capacità di rompere i confini, abbattere le barriere e farsi strumento di comunità, emozione e bellezza condivisa. Sabato 5 luglio, il Mantova Village si è trasformato in un autentico teatro en plein air, accogliendo con entusiasmo l’anteprima gratuita del Rigoletto firmata dalla Fondazione Arena di Verona. Un esperimento di alto profilo artistico e culturale che ha riscosso un successo oltre ogni aspettativa, con centinaia di persone accorse da entrambe le province, veronese e mantovana, per assistere all’evento.

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Nella piazza del centro commerciale di Bagnolo San Vito, il celebre dramma verdiano è andato in scena in forma di recital, con un cast di assoluto livello: il baritono Giulio Mastrototaro ha interpretato con intensità il ruolo del protagonista Rigoletto, giullare di corte segnato da una maledizione; il tenore Paolo Lardizzone ha vestito i panni del libertino Duca di Mantova, cantando con brillantezza l’aria più celebre dell’opera, La donna è mobile; mentre il soprano Daniela Cappiello ha dato voce alla fragile e innocente Gilda, figlia di Rigoletto, incarnando con emozione il suo tragico destino. Al pianoforte Roberto Brandolisio, e alla narrazione il musicologo Fabio Sartorelli, che ha guidato il pubblico attraverso le pieghe della trama con chiarezza e passione.

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Ambientato proprio a Mantova, Rigoletto racconta la storia di un padre disperato che cerca di proteggere la figlia dal mondo corrotto della corte, salvo poi esserne, inconsapevolmente, la causa della rovina. Una vicenda intensa e drammatica che ha emozionato anche un pubblico poco avvezzo al linguaggio dell’opera lirica, dimostrando quanto la forza della musica verdiana sappia ancora oggi toccare le corde di ogni generazione. L’iniziativa, promossa da Fondazione Arena di Verona in collaborazione con Mantova Village, si inserisce in un progetto più ampio di diffusione culturale “fuori dal teatro”, sulla scia di una visione cara a maestri come Peter Brook, che nel suo celebre Lo spazio vuoto scriveva: «Posso prendere qualsiasi spazio vuoto e chiamarlo un palcoscenico. Qualcuno cammina attraverso quello spazio mentre un altro lo osserva, e questo è tutto ciò che serve per un atto teatrale». Un’idea condivisa anche da Dario Fo, che portava i suoi spettacoli nelle piazze, nelle f abbriche, tra la gente, convinto che il teatro debba vivere dove vive il popolo.

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