La critica di Bigon (Pd) dopo la modifica che prevede 2 rappresentanti delle Università nella commissione esaminatrice 

( g.c.) La Giunta regionale del Veneto per sopperire alla mancanza di medici nel luglio scorso ha adottato una delibera che consente l’inserimento nel servizio sanitario regionale di medici stranieri in possesso di un titolo di studio conseguito all’estero e non ancora formalmente riconosciuto in Italia.

La misura sfrutta la deroga varata durante la pandemia quando le Regioni potevano autorizzare l’esercizio temporaneo della professione a medici con titoli stranieri, bypassando le normali procedure di verifica dei titoli esteri. Dopo la levata di scudi da parte di molti politici oltre che dall’Ordine dei Medici, nei giorni scorsi ha apportato una modifica introducendo la presenza di due rappresentanti degli atenei di Padova e Verona all’interno della commissione esaminatrice.

Medici stranieri non abilitati? Una trovata che crea personale di serie B

Una novità che non convince Anna Maria Bigon, consigliera regionale veronese del Pd e vicepresidente della Commissione Sanità. «Una modifica che arriva dopo l’incontro con gli Ordini professionali e le immediate contestazioni avanzate. Ma resta un passo assolutamente insufficiente di fronte all’emergenza cronica che vive la nostra sanità pubblica, in particolare nei reparti di urgenza ed emergenza».

Per Bigon non basta introdurre correttivi di procedura: «Non possiamo limitarci a interventi di facciata: serve un investimento serio, immediato e strutturale per rendere davvero attrattiva la professione medica all’interno del servizio sanitario regionale. Non dobbiamo creare nella sanità pubblica personale di serie B. Così rischiamo di vedere un abbassamento della qualità, mentre intanto continuiamo a perdere i nostri medici dipendenti pubblici, che si dimettono volontariamente per condizioni migliori altrove».

Bigon rilancia quindi le proposte già avanzate nelle scorse settimane: «Un’indennità economica importante, da riconoscere subito a tutti i medici ospedalieri che operano nei reparti più critici, come pronto soccorso e area emergenza. Bandi regionali più attrattivi per i giovani laureati delle università venete, che troppo spesso scelgono di lavorare in altre regioni o all’estero. E un piano di valorizzazione della carriera medica pubblica, che dia prospettive e riconoscimenti reali a chi ogni giorno garantisce un diritto fondamentale: la salute».