Pur restando aperto il dibattito accademico circa la vera natura di “religione” (ne esistono oltre 50 definizioni sociologiche!), risulta ancora più arduo definire efficacemente il concetto di “setta”. Ci può venire in soccorso in modo più facilmente comprensibile a tutti il concetto di “ideologia” e, di riflesso di “totalitarismo ideologico”. 

L’ideologia, nella sua accezione classica, rappresenta per definizione la tendenza, sia a livello individuale (particolare) che collettivo (universale), ad una visione globale delle idee e del mondo deformata secondo criteri fideistici e legati a credenze, di norma in contrapposizione con un approccio razionale e scientifico della realtà.

Particolare corrispondenza con una tipica caratteristica settaria si riscontra inoltre nella tendenza, propria dell’ideologia, a “persuadere all’azione” piuttosto che a favorire una elaborazione razionale o almeno, rispettosa della ragionevolezza della fede, propria di un approccio autenticamente religioso. Tale processo può essere paragonato, in alcuni casi, come vedremo, alla formazione di veri e propri micro-totalitarismi, per rimanere nel paradigma tipico delle ideologie politiche storiche, tendenzialmente autorigeneranti, nell’ambito di una sorta di “regime” caratterizzato da autarchia spirituale e dominio psicologico.

Innumerevoli sono in tale prospettiva le analogie con i gruppi settari oggetto propriamente detti. Innanzitutto l’esistenza di un maestro o leader fondatore spesso dai tratti spiccatamente “dittatoriali” (potere assoluto, mancanza di interlocutorio, idolatria acritica della figura). 

Quindi il controllo rigido e assoluto della comunicazione (stampa interna, informazioni e comunicazioni filtrate). 

La tendenza a circoscrivere il territorio (fisico nel caso delle dittature politiche, psicologico esociale nel caso dei gruppi settari) e a ritenersi rispettivamente nazione e popolo (in qualche caso razza) superiore ed eletta, in modo esclusivo e totalizzante.

IMG20250914122200 1 2048x1837 1

L’accentramento del comando e del potere economico (dalla emanazione delle tasse “di regime” alle donazioni “indotte” e alle prestazioni lavorative gratuite nei gruppi settari).

La tendenza a perseguire ed estromettere i dissidenti e gli individui critici in generale.

Il controllo maniacale del comportamento, dell’istruzione e della formazione in generale (pedagogia totalitaria), con la conseguente imposizione di percorsi di sviluppo e costruzione di personalità tendenzialmente uniformi ed “irreggimentate” (vd. le ricorrenti raffigurazioni di “automi” spersonalizzati).

Il diffuso – e comune ad entrambe – senso di sufficienza autarchica a livello sociale spesso frammisto ad un sentimento di implicita superiorità elitaria e sussiegosa.

La fedeltà di un “esercito”  (armato nei regimi, indottrinato nei gruppi settari) disposto a difendere il regime/la causa a qualsiasi costo.

L’attesa diffusa, spesso a carattere messianico ed apocalittico, di uno stato (o popolo) perfetto, raggiungibile attraverso una sorta di palingenesi universale.

Infine l’atteggiamento di fondo di sospetto e di difesa, non di rado a sfondo paranoico, nei confronti di tutto ciò che può costituire una minaccia proveniente  dal mondo esterno. 

Ma l’analogia potrebbe continuare anche per ciò che riguarda aspetti più secondari quali l’uso di slogan stereotipi, il gergo di regime, ecc.

Se alcune delle caratteristiche descritte possono obiettivamente riscontrarsi, in misura ed intensità variabili, in ogni religione e aggregazione sociale in generale, è piuttosto la loro presenza diffusa, massiccia e costante nel tempo che soltanto può legittimare un giudizio “settario”: giudizio sommario che peraltro già troppo spesso ritroviamo nelle cronache giornalistiche scandalistiche superficiali e generalizzanti.

Antonio Fasol (GRIS diocesano di Verona)