(Angelo Paratico) Nell’Odissea di Omero, composta intorno all’XI secolo a.C., nel capitolo X incontriamo i Lestrigoni, orribili giganti dalla pelle rossa che, lanciando pietre da una scogliera, distruggono la flotta di Ulisse. Secondo i calcoli di Victor Bérard (1864-1931), i Lestrigoni vivevano nella Sardegna settentrionale o nella Corsica meridionale.

Vorremmo qui proporre per la prima volta l’ipotesi che, invece che nel nord della Sardegna, Ulisse possa essere approdato nella Sardegna occidentale, nell’odierna provincia di Oristano, nei pressi di Marina di Torre Grande, una zona abitata fin dal Neolitico e ricca di scogliere e insenature, simile a quella costa descritta nell’Odissea.

Laestrygonians

Ecco la traduzione di parte del capitolo X dell’Odissea: “Da lì navigammo tristemente finché gli uomini non furono sfiniti dal lungo e infruttuoso remare, poiché non c’era più vento ad aiutarli. Per sei giorni e sei notti abbiamo faticato, e il settimo giorno abbiamo raggiunto la roccaforte di Lamus-Telepylus, la città dei Lestrigoni, dove il pastore che sta radunando le sue pecore e capre [per mungerle] saluta colui che sta radunando il suo gregge [per pascolarlo] e quest’ultimo risponde al saluto. In quel paese un uomo che potesse fare a meno del sonno poteva guadagnare una doppia paga, una come mandriano di bestiame e un’altra come pastore, poiché lavorano più o meno allo stesso modo di notte come di giorno.

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Quando raggiungemmo il porto, lo trovammo chiuso da ripide scogliere, con uno stretto ingresso tra due promontori. I miei capitani portarono tutte le loro navi all’interno e le ormeggiarono vicine l’una all’altra, poiché all’interno non c’era mai nemmeno un alito di vento, ma era sempre calma piatta. Io tenni la mia nave all’esterno e la legai a una roccia all’estremità del promontorio; poi mi arrampicai su un’alta roccia per fare ricognizione, ma non vidi alcun segno né di uomini né di bestiame, solo del fumo che saliva dal terra. Così mandai due dei miei uomini con un attendente a scoprire che tipo di persone fossero gli abitanti. I miei uomini, una volta sbarcati, seguirono una strada pianeggiante lungo la quale la gente trasportava la legna da ardere dalle montagne alla città, finché incontrarono una giovane donna che era uscita per andare a prendere l’acqua, era figlia di un Lestrigone di nome Antifate. Stava andando alla fontana Artacia, da cui la gente attinge l’acqua, e quando i miei uomini le si avvicinarono, le chiesero chi fosse il re di quel paese e su che tipo di popolo regnasse; lei li indirizzò alla casa di suo padre, ma quando arrivarono lì trovarono sua moglie, una gigantessa alta come una montagna, e rimasero inorriditi alla sua vista. Lei chiamò immediatamente suo marito Antiphates dal luogo di riunione, e lui si mise subito a uccidere i miei uomini. Afferrò uno di loro e cominciò a mangiarlo lì sul posto, mentre gli altri due correvano verso le navi più veloce che potevano. Ma Antiphates alzò un grido di allarme e migliaia di robusti Lestrigoni balzarono fuori da ogni angolo, orchi, non uomini. Ci lanciarono enormi massi dalle scogliere come se fossero semplici sassi, e udii il suono orribile delle navi che si schiantavano l’una contro l’altra e le urla di morte dei miei uomini, mentre i Lestrigoni li infilzavano come pesci e li portavano a casa per mangiarli. Mentre uccidevano i miei uomini nel porto, sguainai la spada, tagliai il cavo della mia nave e dissi ai miei uomini di remare con tutte le loro forze se non volevano fare la fine degli altri; così ci mettemmo in salvo e fummo molto grati quando raggiungemmo il mare aperto, fuori dalla portata delle rocce che ci lanciavano contro.

Per quanto riguarda gli altri, non ne rimase vivo nessuno. Per illustrare la nostra ipotesi ci basiamo su una grande scoperta fatta nel marzo 1974 da un contadino a Mont’e Prama. La lama del suo aratro era stata danneggiata da un frammento di una grande pietra affiorata nel suo campo. La pietra presentava misteriosi intagli e gli archeologi chiamati sul posto scoprirono sottoterra più di 450 frammenti simili di grandi dimensioni. La notizia fu riportata brevemente dalla stampa sarda, ma nessun quotidiano o agenzia nazionale ne parlò. Quei frammenti furono poi trasportati in un museo di Cagliari e lasciati lì per 29 anni, quasi dimenticati. Solo nel 2003, grazie alle pressioni degli archeologi, i frammenti furono inviati a un laboratorio di Sassari dove iniziarono i lavori di restauro. Una volta assemblati i pezzi, apparve una gigantesca figura umana di un tipo mai visto prima. Gli archeologi tornarono sul posto, a Mont’e Prama, con strumenti sofisticati che sembrano aver rivelato una sorta di città sotterranea sepolta.

300px Testa di arciere

Queste imponenti sculture sono alte tra i duecento e i duecentosessanta centimetri, scolpite in arenaria e con un caratteristico aspetto orientale. Rappresentano arcieri, pugili, atleti e sono state collocate su piattaforme rialzate che costeggiano la strada che dal Campidano conduceva al vecchio porto. La loro datazione non è ancora certa, ma si concorda sul fatto che appartengano al periodo nuragico, risalente a 3000-4000 anni fa, e che siano quindi le statue più antiche del Mediterraneo occidentale. Potrebbero essere state disposte in modo così imponente per impressionare i visitatori provenienti dalla confederazione etrusca dell’Italia centrale, dal Nord Africa e dalla Grecia. Secondo Roberto Narni, l’archeologo che è riuscito a ricomporre migliaia di frammenti e brandelli, i giganti del Monte Prama furono sistematicamente distrutti intorno al IX-VIII secolo a.C., probabilmente da un esercito invasore. È possibile che l’impressione fatta da questi giganti di pietra dall’aspetto feroce sui marinai greci abbia ispirato la leggenda dei Lestrigoni, una storia che potrebbe essere stata inserita nell’Odissea.