Ma stranamente non se ne parla

Quanto pesa Verona nella mappa del potere regionale? Poco. Incredibilmente poco.
Risposta scontata che s’inserisce in tutta una serie di valutazioni che L’Adige ha già proposto e ripropone ai suoi lettori in occasione dei nuovi assetti dei vertici regionali affinché i veronesi si rendano conto della marginalizzazione della nostra provincia nel Veneto. Cosa di cui, stranamente, non si parla. E da questo ne traggano le conseguenze.

Nel 1970 l’ultimo e unico presidente di Verona

E’ da mezzo secolo che non abbiamo un presidente della Regione. L’ultimo è stato Angelo Tommelleri, eletto nel 1970.
Dal 1995, con l’elezione diretta del presidente, ha ‘regnato’ per 15 anni Galan, padovano. E per altri 15 Zaia, trevigiano.
Il 2025 poteva essere l’occasione per portare la carica a Verona. Ma il tavolo nazionale ha pensato bene di consegnarla ad un altro padovano. Giovane e bravo finché si vuole, ma sempre appartenete a quell’area del Veneto che poco ha a che fare con la nostra.

Il veneto regione multicentrica in cui l’equilibrio è essenziale

Evidentemente i leader nazionali hanno tenuto conto degli equilibri tra i partiti, ma non di quelli fra le province del Veneto. Peccato, perché la nostra regione, a differenza di molte altre, è caratterizzata dal multicentrismo. Una peculiarità tipica del Veneto. Non esiste cioè una capitale, che per peso demografico, politico ed economico prevalga nettamente sulle altre città, come Milano, Torino, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, ecc. Da noi, conseguenza dell’economia curtense, esiste un sostanziale equilibrio fra le varie aree. Equilibrio che sta alla base della pace sociale, della concordia, della cooperazione che sono elementi essenziali della forza della nostra regione. Minare questo equilibrio è pericoloso. Ma tant’è. Ai leader nazionali questo sfugge. Oppure non interessa. Pazienza.

Le quote di potere nel Veneto

Con la composizione della Giunta c’era l’occasione di riequilibrare la situazione. Invece i partiti hanno fatto esattamente il contrario. Risultato: Verona è ancora più marginalizzata. Per capirlo non ci vuole un politologo. Basta fare 2 conti.

Fatto 100 il potere regionale, almeno il 50% va ascritto al Presidente. Del rimanente 50%, deducendolo dal bilancio regionale, l’80% va alla Sanità, il 10% al Sociale e quindi il rimanente 10% del 50% che è il 5% va diviso per tutti gli altri 8 assessorati.

A Verona ne è stato assegnato solo uno, al bravo Diego Ruzza, che ha la delega ai Trasporti. Peso pari allo 0,625% dell’intero potere regionale. Maldestro il tentativo di far credere che ci sia un qualche ruolo di governo per Elisa De Berti, veronese, ex assessore alle infrastrutture, inventandola “consigliere con delega”. Giuridicamente è una carica che non esiste.

Padova invece oltre a Stefani ha 4 assessorati, di cui uno è la sanità. Totale: il 91,875% del potere regionale. 

Questo in termini strettamente numerici che, si potrà obiettare, non spiegano perfettamente la situazione. Non spiegano che la presidenza del Consiglio regionale, che per importanza istituzionale viene subito dopo Stefani, è andata a Zaia, che è di Treviso.

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Verona è la 1ª provincia agricola. Ma l’assessore è di Belluno 

E non spiegano che pur essendo Verona la provincia più agricola d’Italia l’assessorato all’Agricoltura è andato ad un bellunese e pare che la presidenza della commissione competente sia destinata ad un veneziano.
E per le altre commissioni i rumors dicono che verranno distribuite come premio di consolazione agli assessori uscenti della giunta Zaia che non hanno potuto essere riconfermati per la regola del tetto dei 2 mandati.

Insomma una situazione di esclusione oggettivamente insostenibile, squilibrata e mortificante. Da Verona neanche un miagolio.