(di Paolo Danieli) Le elezioni di ottobre vengono vendute come una sconfitta della destra che fino al giorno prima era vincente e spingeva per andare ad elezioni anticipate. Le vorrebbero un giro di boa per la rinascita della sinistra rappresentata dal Pd e da quel che resta dei grillini. Questa lettura, più che una fotografia della situazione, sembra un esercizio di training autogeno di una sinistra che in una profonda crisi d’identità.

Il Pd, erede del Partito Comunista Italiano attraverso successive mutazioni, è diventato per scelte politiche e antropologicamente un partito borghese, lontano mille miglia da quel proletariato che ne aveva da sempre costituito la base. Oggi il Pd di Letta, più che delle istanze dei proletari, si occupa di quelle delle banche e degli eurocrati e come schermo propagandistico utilizza i “diritti umani” in sostituzione di quelli dei lavoratori.

Inoltre l’alleanza col M5S in coma irreversibile non può essere una scelta strategica, ma al massimo tattica. Oggi i grillini hanno ancora un gran numero di rappresentanti in Parlamento come conseguenza della follia elettorale che aveva colpito il paese nel 2018. Ma non rappresentano più nessuno. Con le prossime elezioni torneranno nel nulla da cui sono venuti. Quindi il pd ha ben poco da cantar vittoria. L’unica posizione di forza è di esser parte del governo Draghi, cui peraltro partecipano tutti, o quasi.

D’altra parte è anche vero che la destra non è uscita bene da queste elezioni. Che però – l’abbiamo detto in tempi non sospetti- hanno una valenza politica diversa rispetto a quando nelle grandi città si candidavano i big ( Fini, Fassino, Rutelli, Veltroni, Alemanno ecc.). Ma dev’essere l’occasione per darsi una regolata.  E’ stato un errore separasi sull’appoggio a Draghi. E’ stato un errore la competizione Lega /FdI. E’ stato un errore scegliere i candidati all’ultimo momento. Per vincere le amministrative di primavera a novembre devono essere già certi i nomi. E poi…via, tutti uniti a correre per vincere.