Si conclude l’anno idrologico. La condizione delle riserve d’acqua in Italia è migliorata, ma non in equilibrio

(di Stefano Cucco) In un clima da “estate sterminata” è tempo di bilanci idrologici al termine di un settembre, caratterizzato da scarse precipitazioni un po’ ovunque. “In questa fase climatica navighiamo a vista” commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). 

La stagione agricola è alle battute finali, ma il persistente caldo richiama ulteriori apporti irrigui. Certo è che alcuni territori iniziano l’anno idrologico ancora in sofferenza, nonostante un generale miglioramento rispetto al siccitosissimo 2022”. 

L’anno idrologico in Veneto

In Veneto, il mese di settembre è stato il più caldo sulle Dolomiti dal 1991 e molto più secco del consueto con un deficit pluviometrico medio del 56%, ma che ha toccato il 70% sul bacino Fissero-Tartaro-Canal Bianco (l’indice SPI – Standard Precipitation Index ad 1 mese certifica siccità estrema sul veneziano, ma anche su parte del veronese e del vicentino); le piogge della tarda primavera e dell’estate, spesso sotto forma di nubifragio o grandinata, hanno comunque ridotto il deficit idrologico annuale al 10%, con una cumulata totale di 997 millimetri contro mm. 1114 della media. 

Calano i livelli dei fiumi con Adige e Livenza, che scendono di circa un metro e mezzo; sull’alta pianura veronese permangono livelli di criticità per le acque sotterranee, che hanno livelli ancora inferiori ai minimi storici.

Tra i grandi laghi del Nord, il Maggiore decresce di oltre mezzo metro in una settimana, a causa di portate erogate ben superiori alla media e dovute al persistente caldo (i volumi maggiori da ottobre 2020, si sono registrati il 23 e 24 settembre con punte di quasi 1000 metri cubi al secondo); anche il Lario segna una decisa battuta di arresto (dal 70,6% al 62,4% di riempimento), mentre più contenuti sono i cali nei bacini del Lago di Garda e del Sebino. 

Si riducono, infine, anche le portate del fiume Po, che la settimana scorsa, grazie agli apporti dagli affluenti di Nord-Ovest era cresciuto in maniera significativa lungo tutta l’asta; ora il deflusso è tornato inferiore alla media ma, nella sezione lombardo-emiliana, è di molto superiore ai valori registrati nello scorso biennio. 

Di fronte a questa evidenza non possiamo che ribadire l’urgente necessità di nuovi invasi per aumentare la capacità di trattenere acqua sul territorio”, conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

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