(Paolo Danieli) Abbiamo denunciato più volte il grave fenomeno dell’uso smodato di psicofarmaci soprattutto da parte dei giovani, anche adolescenti. Antidepressivi, benzodiazepine, eccitanti e altre sostanze psicotrope vengono assunti sempre di più. Da soli o mescolati con l’alcol. Con tanto di ricetta medica o, specie nei ragazzi, anche senza. E’ un problema. Sanitario in primis. Sociale poi.
E’ noto che qualsiasi farmaco, dagli antibiotici agli antinfiammatori, dai lassativi ai diuretici, se da un lato fa bene, fa male dall’altro. L’anti-infiammatorio fa passare il dolore, ma ha effetti negativi sullo stomaco. Il diuretico favorisce la diuresi, ma preso senza criterio, affatica il cuore. E così via. Figuriamoci gli psicofarmaci che agiscono sul cervello!

Il continuo aumento del loro consumo è un campanello d’allarme. Specie se riferito ai giovani. E non solo perché è provato che, come la droga, hanno un effetto negativo sul cervello, ma anche per il significato sociale del fenomeno.

La narrazione corrente sul problema è che è tutta colpa del Covid. Sarà capitato anche a voi che qualche conoscente/parente/amico colpito da qualche problema di salute vi abbia spiegato che è la conseguenza del Covid, se non del vaccino. Lo stesso sta facendo il mainstream.
Se la gente fa sempre più uso di psicofarmaci la colpa è del Covid, che con le misure di distanziamento sociale, con il lockdown e con la Dad, ha sconvolto le menti della gente. Sarà anche accaduto per qualcuno, ma da qui affermare che sia un fenomeno di massa e che continui ad incidere ne passa. Non è vero. E’ un comodo alibi. La tendenza al consumo di psicofarmaci e di sostanze psicotrope era in aumento già prima del 2020. La pandemia, semmai, ha funzionato da acceleratore. Ma adesso? Perché l’aumento continua? Evidentemente il Covid non c’entra.

La causa è altrove. Molto più verosimilmente nel tipo di società in cui viviamo. Un modello che sempre più spesso si sta allontanando da quelli che avevano scandito la vita delle generazioni precedenti e che, a dispetto dell’uso più che frequente della parola ‘social’, tende a rendere la vita delle persone sempre meno sociale. E siccome l’uomo è un animale sociale ne soffre. Ed i primi a soffrirne sono i giovani ed i soggetti più deboli. L’incertezza del futuro; l’incombere di pericoli come la guerra o le pandemie; il declino economico; la devitalizzazione della società dovuta alla denatalità e all’anzianizzazione; il relativismo; la perdita di punti di riferimento certi come la famiglia; la demolizione sistematica delle identità arrivata perfino a negare la realtà biologica dei cromosomi xx e xy che determinano l’essere maschio o femmina; la competitività del sistema economico trasferita perfino nella scuola, che diventa elemento di stress anziché di formazione gioiosa, sono altrettanti motivi, anche se non tutti, del disagio che porta a cercare al di fuori di sé, nei farmaci se non nella droga, la forza di vivere. Altro che covid!