Autonomia differenziata. Un modo per rinnovare l’Italia non più rinviabile. Il Veneto la vuole

(di Paolo Danieli) L’Autonomia differenziata serve ad avvicinare le istituzioni ai cittadini che con l’astensione alle ultime tornate elettorali hanno dimostrato di essersene allontanati. Non solo. L’Autonomia,  attraverso l’applicazione pratica dei principi di sussidiarietà  e di responsabilità, serve anche a responsabilizzare le regioni, a sollevare lo Stato da molte incombenze  rendendo più snella l’amministrazione pubblica.
Diverse sono le esigenze delle varie regioni. Cinque godono già di un’autonomia ‘speciale’: Sicilia, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Allto Adige e Valle d’Aosta. Un’autonomia molto ampia, che se per alcune è ancora giustificata per evidenti motivazioni etniche, per altre non avrebbe più ragion d’essere. Ma buon per loro. La conservino pure. A patto che la possano avere anche le altre regioni che la chiedono. Altrimenti più che di Autonomia si dovrebbe parlare di ‘privilegi’.  Invece le regioni che non non sentono la necessità o che hanno dimostrato di non essere in grado di gestire quel poco che hanno, restino pure così.
Naturalmente tutto perfettamente nell’ambito della legalità della Costituzione che all’art.116 prevede che alle Regioni a statuto ordinario “possono essere attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”.
Si parla di Autonomia differenziata in quanto non tutte le regioni vogliono lo stesso grado di autonomia. La Toscana, ad esempio, s’accontenta dei beni culturali e della geotermia e la Liguria della potestà sui porti. Veneto, Lombardia e Piemonte invece, convinte di saper e poter fare meglio di Roma, chiedono tutte e 23 le materie costituzionalmente delegabili (art. 117) nell’ambito della “potestà legislativa concorrente” tra Stato e Regioni, tra le quali scuola, ricerca, trasporti, commercio con l’estero e giustizia di pace.
A garantire le altre regioni la Costituzione prevede che lo Stato fissi i Livello Essenziali delle Prestazioni (LEP),esattamente come in sanità esistono i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), che sono il ,livello minimo oltre il quale le regioni non possono scendere nell’assistenza o nei servizi al cittadino. Questo per rassicurare le regioni del sud che sono quelle che manifestano preoccupazione che l’Autonomia possa togliere loro qualcosa. Finora però nessuno dei governi che si sono succeduti li ha fissati. Un’altra delle cose che deve fare il governo Meloni. 

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