è in pieno corso l’attività politica preparatoria delle prossime elezioni amministrative a Verona. Già da ora si assiste al balletto delle candidature[//]. Alle rivalità interne, alla spesa dei nomi, alle richieste di lottizzazioni di ogni partito all’interno delle alleanze bipolari. Il Sindaco uscente è – nella propria coalizione – certamente il più forte anche se contestato da sinistra, che lo vede troppo inginocchiato ai voleri dei poteri forti, Curia, Banche, Fondazioni. Cosa che sembra invece andare bene a Ds e Margherita. Se ci sarà scontro con le liste autonome sarà però solo per riequilibrare i rapporti di forza tra le varie componenti. Né possiamo dare torto a Giorgio Bertani, a parte dei Verdi, ai Rifondatori Comunisti se chiedono una politica almeno un po’ di sinistra e che li veda partecipi e non solo amareggiati spettatori. Nel centrodestra la Lega dichiara di voler andare da sola, e gli altri propongono i propri candidati. Sembra che non abbiano novità; propongono i nomi di deputati, di assessori regionali come se – in città – non abbiano persone di rilievo, con qualità gradite dal loro elettorato. Sembra, e forse è, una classe dirigente senza futuro, senza nuove idee, senza legami con la realtà popolare cittadina: pesca le candidature tra le cariche esistenti, su alcune delle quali non ha certo contato molto da qualche anno a questa parte. Ciò che è però politicamente più preoccupante è che il confronto viene fatto solo sulla lottizzazione partitica, su personalismi, forse sul colore degli occhi o la simpatia del sorriso, sul diritto ai “turni” di governo, come se la città sia un bene trasferibile ad libitum. Si è alla ricerca dell’uomo “gradevole”, accettabile da una opinione pubblica sempre più abituata alla politica spettacolo, alle belle signore in Parlamento, agli attori di regime. Nessuno si chiede se si debba proporre una dirigenza per attuare una politica da sottoporre ai cittadini. Sui programmi non si discute: si vedranno dopo le decisioni sulle persone: tanto sono sempre quelli. Non si discute su cosa fare di questa città, su quale ruolo deve avere, sulla sua strategia di sviluppo; una città che sembra avere il proprio futuro nel Consiglio di amministrazione della Fondazione Arena, (così sembra dalle proposte in Provincia) dato che la Fondazione bancaria esprime da sola se stessa e le sue cariche, alla faccia degli originali proprietari, i cittadini di Verona. Per la città qualche giustificazione i partiti ce l’hanno. A che serve discutere di programmi e di futuro della città? Tanto da qualche anno loro non discutono, e i “progetti” si valutano e decidono nei Consigli delle Banche, dei grandi gruppi finanziari, degli operatori immobiliari e quanto poco d’altro. Destra e sinistra sanno che il popolo è convincibile, non conosce tante informazioni, perché la grande stampa, anche locale, è di proprietà dei potentati, e quindi serve più per quello che tace che non per quello che dice. Dove sono dunque le idee per l’alternanza politica, per valutare le diverse ipotesi di sviluppo, per consentire agli elettori le ragioni di una scelta? Quale modello di città, che non sia solo il centro storico, si vuole portare avanti? Così ancora una volta le scelte politiche sono solo ideologiche e di schieramento, tra buoni e cattivi, tra amici e nemici, tra fedeli che accettano e traditori che dissentono. Non sappiamo se l’elettorato veronese saprà reagire a questo degrado della politica e ricordare di avere espresso in passato una classe dirigente vera e di alta qualità, ora ricordata solo nei discorsi commemorativi. Né se saprà chiedere ai partiti che cosa sono capaci di proporre in concreto ed in modo unitario, per cinque anni dia amministrazione di una grande realtà come il comune di Verona.Temiamo che abbia ragione l’anglo-veronese Tim Parks quando dice che Verona non ha capacità di ribellione, affermazione che ora significa qualcosa di più e di diverso: cioè di far sì che la democrazia e la espressione della rappresentanza siano affermate con forza e senza rassegnazione, nella coscienza dei cittadini e nelle loro espressioni di volontà.