Cedere l’azienda ma per renderla più solida e competitiva. Pasasport, crescere insieme è un modello per il territorio

(di Stefano Tenedini) Cedere l’azienda per renderla più solida, competitiva e in grado di continuare a svilupparsi: ma senza lasciarla. È la scelta fatta dalla famiglia Pasato, che nel 1973 ha creato e fino a oggi ha controllato Pasasport, impresa di Villa Bartolomea che produce accessori di abbigliamento sportivo. Una decisione “non facile ma presa nell’interesse dell’azienda, dei dipendenti e per valorizzare l’esperienza maturata in questi cinquant’anni”, spiega non senza un po’ di emozione Federica Pasato, presidente del CdA.

La maggioranza di Pasasport è stata quindi ceduta a Cytech Srl, una società di San Vendemiano (Treviso) anch’essa attiva nella produzione di protezioni per l’abbigliamento sportivo, controllata dal 2021 da PM & Partners SGR, operatore italiano di private equity che investe in Pmi. A supporto dell’azienda veronese negli aspetti finanziari e fiscali Belluzzo International Partners con un team guidato dall’equity partner Stefano Barone, mentre gli aspetti legali sono stati curati da Chiara Gandini e Luca Bisconti di SLCLEX, Studio Legale Commerciale associato a Belluzzo International.

Quella di Pasasport è la classica storia di un’azienda familiare nata su impulso dei genitori di Federica Pasato e dei loro fratelli, tutti occupati a produrre guanti da lavoro. Un’esistenza quieta che doveva però già allora fare i conti con le leggi di mercato: quel prodotto semplice a basso valore aggiunto non poteva reggere, molti concorrenti sparivano e c’era il rischio di fare la stessa fine. Così la scelta di passare agli accessori per lo sport, soprattutto il ciclismo. Quindi il passaggio dai primi esemplari a modelli sempre più creativi, ideati e prodotti in azienda con grafica e taglio accurati, materiali avanzati e un modello di produzione e controllo: è questo che ha fatto di Pasasport quasi una multinazionale tascabile.

Federica Pasato (al centro) con le sue collaboratrici. A sinistra Stefano Barone (Belluzzo)

“E così, mentre negli anni Novanta il settore tessile e sportivo andava in crisi, abbiamo continuato ad arricchire e innovare i prodotti, specializzandoci in una gamma di qualità”, racconta Federica Pasato. “Siamo cresciuti come personale – attualmente in tutto siamo un centinaio – impiegando molte ragazze e con un basso turnover. E poi siamo andati all’estero: il controllo e la creatività restano in Italia, ma abbiamo aperto aziende manifatturiere in Tunisia e in Romania, oltre ad aver stretto vari accordi di produzione in Cina”.

“Ovunque abbiamo creato un buon rapporto con le persone. Io credo che l’azienda abbia un ruolo sociale”, aggiunge, “e possa portare progresso a partire dal luogo di lavoro: la mentalità si crea in fabbrica, e con molta manodopera femminile sono le donne che portano a casa lo stipendio e acquistano una consapevolezza nuova: che per la famiglia il lavoro è un bene. C’è anche dell’altro: sono orgogliosa che nei nostri stabilimenti si faccia raccolta differenziata, così si diffonde la cultura della sostenibilità. E i clienti scelgono noi anche per questo”.

Siamo a oggi, a un rigoroso studio del mercato e delle prospettive e infine alla scelta di vendere la maggioranza dell’azienda. Perché questa decisione? “Ho valutato attentamente la situazione e ho compreso che anche se siamo una piccola realtà ci viene chiesto di garantire standard altissimi, tipici delle grandi aziende: ma non abbiamo la loro forza”, ammette Federica Pasato. “Siamo un’azienda seria ma restiamo una via di mezza, e in queste condizioni è difficile crescere e fare un salto di qualità e dimensioni. Abbiamo accettato che da soli non era possibile far progredire l’impresa, né assicurare il benessere e il futuro delle persone speciali che abbiamo qui con noi”.

“Credo che Cytech, il partner con cui ci siamo accordati, possa garantirci la continuità e le occasioni di sviluppo che cerchiamo”, prosegue. “Sono già nel nostro settore, sono veneti come noi, c’è molta affinità di vedute. Loro sono forti nel commerciale e noi nell’innovazione di prodotto. Rimaniamo come famiglia e visione, e avremo bisogno gli uni degli altri: un’azienda non è fatta solo di muri, ma di teste e persone”. Le fa eco l’AD e designer Alberto Santinello, “orgoglioso che Cytech abbia riconosciuto il nostro know how coinvolgendoci nel progetto di espansione. Sapremo affrontare le sfide che il mercato globale ci proporrà con la creatività, il design italiano e l’ingegnosità che ci contraddistingue”.

“Sono molto soddisfatto che Pasasport entri a far parte del nostro gruppo”, conferma il ceo di Cytech Massimo Fregonese, “Non solo per il valore aggiunto ma anche per l’affinità culturale e di business che ci accomuna. C’è stato da subito feeling sulla visione strategica e l’opportunità di integrare le aziende. Con Pasasport consolidiamo la nostra leadership di mercato e offriremo ai clienti servizi e prodotti diversificati, accelerando l’espansione in nuovi mercati”.

Un accordo funzionale e vantaggioso, quindi. Ma c’è anche di più: potrebbe rappresentare un nuovo modello di intesa tra aziende simili, la dimostrazione che 1 + 1 può anche fare più di 2, come ci conferma Stefano Barone che ha assistito Pasasport con il team Belluzzo. “Una bella operazione che si è chiusa con la soddisfazione di tutti, perché ha portato alla luce temi non solo economici ma anche una visione di territorio, crescita, tradizione e continuità. Al dì là delle dimensioni, Pasasport è una realtà di eccellenza, ed è proprio questo che Cytech cercava”, sottolinea Barone. “E’ anche una storia che ci aiuta a portare alla ribalta, con una soluzione innovativa, uno dei principali problemi delle piccole imprese, sempre vissute come un’estensione delle famiglie che le hanno fondate, con tutte le criticità di questo modello. Le grandi aziende per crescere possono rinunciare a un po’ della loro personalità, aprirsi ai manager e a nuovi criteri di gestione. La vera sfida riguarda le Pmi, in cui la famiglia è portante ma può anche essere un limite”.

Insomma, l’azienda è un patrimonio non soltanto personale ma sociale, anche se accettarlo non è scontato. È come se appartenesse a tutti: dipendenti e famiglie, clienti e fornitori, insomma, la società intorno alla fabbrica. Il titolare non è il proprietario esclusivo: è il custode dell’azienda e dei suoi valori, deve garantirne lo sviluppo. Il territorio è l’elemento vincente, il luogo in cui i rapporti generano relazioni, sicurezza, espansione. Ma la globalizzazione lo ha reso anche un limite, perché per sua natura non si contamina abbastanza con l’esterno.

“Come professionista posso stimolare gli imprenditori a guardare avanti e a crescere, a non implodere per mancanza di visione. In Pasasport la visione ce l’hanno: curiosità, voglia di imparare e crescere. Ma hanno capito con lucidità e una sincerità non comune che la piccola dimensione è un ostacolo allo sviluppo. Fatto la scelta e trovato il partner giusto ora possono garantire la continuità ai dipendenti, rimanendo con loro e con i nuovi soci. La considero”, conclude Barone, “un’evoluzione dell’impresa di famiglia. Oltretutto in uno scenario favorevole per comprare, vendere e rilanciarsi. Anche a Verona è il momento di programmare e non di rincorrere. Le opportunità si devono coltivare, non arrivano per fortuna o per caso: e quando arrivano devi essere pronto”.

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