(Di Gianni Schicchi) Un finale in gran spolvero con due protagonisti di assoluto livello come la pianista Mariangela Vacatello e il direttore Giuseppe Grazioli. Un concerto che si presentava con brani non del tutto scontati, anzi dei più insoliti, fra cui: la dolce Pavane di Fauré, il Concerto per pianoforte in sol di Ravel e la Sinfonia in re di Franck. Grazioli, che in Francia ha svolto molta parte della carriera, li ha scelti con grande cognizione di causa, mettendo a dura prova sia Mariangela Vacatello che il comparto orchestrale della Fondazione.

La pianista di Castellamare di Stabia, oggi insegnante a Perugia, ha suonato con una proprietà stilistica ed una densità di suono davvero inusitate, che hanno saputo rendere giustizia al pezzo di Ravel, dove la vocazione concertante del solista è palese fin dall’attacco, siglato da uno schioccante colpo di frusta preso a prestito dalla musica circense. Ma dove la Vacatello ha espresso tutta la sua sensibilità di provata artista, è stato l’accorato e lirico Adagio del secondo tempo raveliano, privo di ogni affettazione, abbandonato ad una articolata frase melodica, immersa dapprima in un clima di quiete e in seguito vibrante di intensa emozione, che i fiati dell’orchestra hanno poi bene amplificato.

La Vacatello si è disimpegnata molto bene anche nel concitato Presto del terzo tempo, dai toni squillanti e dal clima apertamente festoso, dove i suoi numerosi passaggi solistici si sono susseguiti alternati a sortite dei vari strumenti, dalle percussioni, ai tromboni, ai clarinetti, nel ribadire perentoriamente il carattere dell’intero concerto, siglato al termine da un incisivo epilogo. Ai nutriti applausi del pubblico la concertista campana ha generosamente concesso due bis, fra cui il temibile Volo del calabrone di Rimski Korsakov.

Tutta la ripresa del Concerto è stata appannaggio della Sinfonia di Franck, che segna in ambito francese un esito senza pari per la sincerità della sua ispirazione e per l’originalità formale basata sul principio ciclico nell’assicurarle una compattezza assoluta. Entusiasmo e fraseggio appassionato sono stati i tratti che hanno distinto l’ottima esecuzione del pezzo, voluta dalla mano sicura e ferma di Grazioli, compensata da una cura dei minimi dettagli e dei contrasti, ma al servizio di una intelligenza formale ed una lucidità di analisi, mai disgiunte dal coinvolgimento emotivo. Orchestra areniana bene in palla (specie nella famiglia dei fiati), già ben rodata per affrontare la vicina 99/a stagione operistica in anfiteatro Successo.