Consiglio regionale, Lega e FDI si dividono sullo scioglimento dei gruppi della destra radicale

Ieri, in chiusura della seduta del Consiglio regionale del Veneto, il Gruppo consiliare di Fratelli d’Italia ha ritenuto di lasciare l’aula al momento della votazione della Risoluzione presentata dalla consigliere Elena Ostanel (VcV) e altri, volta a chiedere, dopo l’aggressione della sede della C.G.I.L a Roma, avvenuta il 9 ottobre 2021, lo scioglimento delle formazioni politiche neofasciste. La proposta, non solo era pienamente legittima nei contenuti, ma altresì rispondente al dettato costituzionale, che nelle disposizioni transitorie e finali vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Con queste parole, Marzio Favero, consigliere regionale dell’Intergruppo Lega-Liga Veneta, interviene “su quanto accaduto ieri durante la seduta del Consiglio regionale del Veneto”.

“Mi spiace di non essere stato presente – sottolinea Favero –  Dopo un anno e mezzo di frequenza continuativa, proprio ieri ho dovuto lasciare l’Assemblea, poco prima della sua conclusione, per recarmi a Oderzo, dove ero atteso come relatore al convegno dedicato all’amico sociologo Ulderico Bernardi, scomparso un anno fa, al quale tanto deve la Comunità veneta in ordine alla riscoperta della propria identità culturale di matrice popolare. Peccato, perché avrei preso la parola per invitare i colleghi di FDI, con i quali il rapporto è cortese e all’insegna del rispetto reciproco, a rimanere in aula e a votare a favore. La Risoluzione non era una trappola ordita per mettere a disagio il partito più a destra presente in Consiglio regionale. Si richiamava ai fatti accaduti a Roma, che sono gravi e non vanno sottovalutati. E quand’anche vi fosse stata della malizia, bisognava non inciampare nella provocazione, se ritenuta tale”. “Qualcuno potrebbe ribattere che la politica oggi, con tutte le emergenze che vi sono, non dovrebbe attardarsi con cose inattuali come il fascismo – osserva il consigliere regionale – Purtroppo, non è così. Se il nazismo e il comunismo sono morti e sepolti in quanto ideologie totalitarie rivelatesi fallimentari e disumane, questo non vale per il fascismo, perché esso, salvo per l’idolatria dello stato-nazione, non gode di una weltanschauung vera e propria, una ‘visione del mondo’, e si risolve piuttosto, come notavano Umberto Eco e Guido Bergamo, in una deformazione del carattere in senso autoritario che tende a ripresentarsi ciclicamente nella storia. Tale deformazione consiste nella pretesa che le proprie idee si debbano anteporre alla realtà, invece di essere contrattate nell’esperienza assieme agli altri, come avviene in democrazia. I tristissimi e luttuosi fatti della guerra di aggressione all’Ucraina dimostrano come la mala pianta del nazionalismo e dell’autoritarismo, che esprimono in cifra il fascismo, è ancora viva in Europa, non solo a livello di minoranze estremiste”.

“Vi sono valori fondanti della democrazia non contrattabili, come l’antifascismo, che nelle assemblee legislative, anche regionali, devono essere condivisi da tutti i Gruppi politici, anche di destra – sottolinea Marzio Favero in conclusione – La fiamma della nostalgia per un’epoca di miseria politica e morale va definitivamente spenta, anche nei simboli di partito. Ai Sindaci, all’atto dell’insediamento, si chiede di giurare sulla Costituzione, nata dal movimento resistenziale ed espressione dell’emancipazione degli strati popolari. Forse, il giuramento dovrebbe essere esteso a tutti i politici”.

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