Dai contanti alle panchine, l’orgia delle marchette ideologiche coinvolge destra e sinistra. A Roma come a Verona

(di Bulldog) I politici dovrebbero saperlo: c’è un limite anche per le sparate ideologiche. E’ il limite, banalmente, del  buon governo. Vale per Roma e vale per Verona. Ogni volta che la politica si fa prendere la mano dall’ideologia, dalla frenesia di pagare debiti elettorali alle minoranze organizzate, si prepara a subire un prezzo alto ed a passare inevitabilmente la mano. Vale per Roma, vale per Verona.

Parto dai tormenti romani: oggi Bankitalia spiega che limite al contante e riduzione dei pagamenti digitali consentono al sommerso italiano di tornare a correre.  Lapalissiano. Siamo in Italia e qui le cose si fanno, ben che vada, a metà. Vediamola in maniera pragmatica: ha poco senso impormi un pagamento elettronico se non posso utilizzare quello scontrino come conflitto d’interessi con chi quello scontrino ha emesso. Banalmente, metto in denuncia dei redditi tutto quello che spendo purché tracciato. Altrettanto banalmente, non posso imporre ad un commerciante, specie se piccolo, di accettare solo pagamenti elettronici senza pensare a come annullare il costo di quella transazione. Se la carta equivale al contante non v’è ragione di pagare una commissione.

Ma se come Stato accetto quanto sopra, ovvero di premiare (veramente, non con le lotterie…) chi traccia ogni pagamento, mi diventa variabile un introito che oggi è certo. Un rischio che non posso accettare e quindi, come Stato, trovo più conveniente non combattere realmente il nero perché così non perdo le entrate di quelli che non possono evadere e magari gli evasori spendono a loro volta di più alimentando il mercato e, alla fine, qualcosa che è uscito dalla porta rientra poi dalla finestra.

E’ evidente che qui in ballo non c’è alcuna battaglia ideologica o libertaria. E’ tutto molto più semplice: a) mi imponi il pagamento elettronico, ma mi consideri in denuncia dei redditi tutte le spese che sostengo; b) non mi imponi niente e siccome sei convinto che i contribuenti puntino a fregarti, cancelli tutti quei bonus che altro non sono che marchette suggerite/imposte da lobby. Come Stato spendi di meno e la gente non diventa matta con la denuncia dei redditi.

Oppure, terza ipotesi: metti i limiti a contante e Pos, ma contemporaneamente imponi alle aziende di Stato di abbandonare i paradisi fiscali, di tornare a pagare le tasse in Italia, così come – assieme a mamma UE – vai dalle grandi compagnie media internazionali e ti fai pagare  Iva e Irpeg. Lotta ai paradisi fiscali in Europa, tassazione per Facebook, Twitter, MailChimp e tutti i colossi delle tecnologie…vuoi vedere che quattro soldini li recuperiamo?

Poi, ha senso che lo Stato da un lato sia azionista del colosso dei pagamenti digitali – incassandone i dividendi – e dall’altro ne mini il business? Dov’è la ratio di questo agire scomposto? Ha senso per Giorgia Meloni avviare un Vietnam  sul contante quando le priorità degli Italiani sono altre? Quanto paga in termini elettorali tutto questo?

Ma così si fa anche a Verona. Due provvedimenti per pagare un debito elettorale a sinistra, prendere titoli dei giornali, senza affrontare questioni realmente importanti. Il primo, l’abolizione delle mozioni omofobe raccontando la “liberazione” di Verona dall’oscurantismo, come se Verona prima di Tommasi fosse l’Alabama e come se a Verona le persone omosessuali non godessero di eguali diritti e posizioni di potere al pari degli eterosessuali. Anzi,   Verona è, in questo, già ampiamente “liberata” , da ben prima di Damiano Tommasi sindaco, ed è in prima linea nella difesa delle libertà di scelta dei singoli che non vengono penalizzati dal loro orientamento sessuale. Com’è giusto che sia e come dimostrano gli organigramma di diverse imprese pubbliche e private.

Seconda marchetta ideologica: le panchine “liberate” dai divisori messi ai tempi di Flavio Tosi. Anche qui, tripudio di bandiere rosse e di Bella Ciao cantata a squarciagola. Ma il problema è un altro: nel momento in cui l’ordine pubblico è visto nuovamente dall’opinione pubblica come un’emergenza, con un ritorno di atti di teppismo, favorire accattonaggio e occupazione di spazi pubblici non è una soluzione in assenza di una politica chiara dell’Amministrazione a tutela dei suoi cittadini più deboli. Che non sono esclusivamente gli homeless, ma sono anche bambini e anziani che hanno nei luoghi pubblici uno spazio di straordinaria rilevanza.  Fatta così, vuol dire soltanto esasperare il sentiment dei cittadini già compromesso.

Questo eccesso di “liberazione” a Roma come a Verona aiuta chi governa a “coprirsi” sul proprio lato più estremo, ma apre però un solco di incomprensione con l’elettorato moderato che è la maggioranza della popolazione e d ei voti disponibili. E la mia impressione è che i secondi pesino ben di più dei primi. E lo confermeranno i dati dei prossimi appuntamenti elettorali.

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