Diffusione consapevole del virus: Zaia vuole il Tso. E l’opinione pubblica è con lui

(di Gianni De Paoli) Diciamocelo: stavamo un po’ tutti calando la guardia, come se il covid-19 non ci fosse più, come se fosse stato tutto un brutto sogno. Una reazione anche comprensibile dopo il lungo lock-down, dopo la paura, dopo il riposo forzato di due terzi degli italiani. E invece il virus c’era, c’è, gira ancora. Ce lo avevano detto gli scienziati, quelli veri, non quelli che per avere i riflettori si di sé e per “captatio benevolentiae” di un’opinione pubblica che vorrebbe sentirselo dire affermano che il problema è risolto. E mentre era in corso la “grande rimozione” ecco che il virus si rifà vivo, esattamente come dicevano i medici a costo di essere additati come profeti di sventura.

E ciò avviene proprio qui in Veneto, la regione additata come esempio virtuoso di lotta al covid-19, per colpa di un imprenditore vicentino che, tornato dalla Serbia col virus in corpo e sapendo di essere positivo, è andato addirittura ad una festa contagiando di sicuro cinque persone e mettendone a rischio contagio un altra ottantina col bel risultato di dare origine ad un nuovo focolaio infettivo (cluster). Ce n’è voluto del bello e del buono, dicono i sanitari, per convincerlo a ricoverarsi all’ospedale di Vicenza dove ora è intubato in rianimazione! 

Zaia, che sulla lotta al virus c’ha messo la faccia, è infuriato e chiede giustamente che personaggi del genere non basta multarli: ci vuole il TSO  (Trattamento Sanitario Obbligatorio) come per i matti o addirittura la galera. Ed effettivamente come dargli torto? 

Come accettare che un tizio, sapendo di essere contagioso, vada in giro a diffondere il coronavirus, dopo che per combatterlo sono morti medici e infermieri! Come accettare il rischio di tornare al “loco-down” per l’irresponsabilità di qualcuno o di pochi? 

Questi personaggi vanno isolati, additati alla pubblica riprovazione e puniti. In modo che tutti capiscano che non è così che ci si comporta.

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