Epidemie a Verona, un libro di Gianfranco Prati ne mette in evidenza le (troppe) analogie

Gianfranco Prati è piuttosto noto a Verona. Medico, ha lavorato per più di trent’anni all’Ospedale di Borgo Trento come chirurgo, iniziando al Centro trapianti renali del professor Confortini. Cattolico, animato da fede profonda, non si è limitato a curare i malati. Ha esteso il suo impegno anche in campo sociale e politico. E’ tenente colonnello medico del Corpo militare della Croce Rossa, è stato consigliere comunale di Verona per Alleanza Nazionale e presidente degli Istituti Civici di Servizio Sociale. Ha scritto diversi libri a carattere sociale.  L’ultimo lavoro della sua attività letteraria è particolarmente attuale: “Epidemie a Verona. Peste, Colera, Spagnola” (Ed. Stimmgraf). L’autore ripercorre, accompagnando la ricerca con documenti e fotografie, la storia delle epidemie nella nostra città. 

“La pandemia che stiamo vivendo – dice Prati- ha tutta una serie di precedenti. C’è stata la peste nel 1431, quella scoppiata nel 1438 ha fatto 30 mila morti in quattro anni. Quella del 1478 ne ha fatti 13 mila. Per non parlare di quella del 1630, la più brutta, dove ha perso la vita il 61% della popolazione veronese”.

Nel libro parla anche del colera del 1835 e del 1849 e della spagnola del secolo scorso.

La spagnola è l’epidemia più simile a quella attuale, trattandosi di un virus influenzale. Anche la spagnola ha avuto varie ondate, come il Covid: una nella primavera del 1918, una in autunno e una nell’inverno a cavallo fra il 1918 e il 1919. In Italia ha fatto 600 mila morti.”

Prati, da cattolico qual è, non tralascia di precisare che nel corso dei secoli le epidemie sono state interpretate dagli uomini come un castigo di Dio. “Anche adesso – precisa – ci sono alcune frange di cristiani integralisti che interpretano la pandemia come una punizione divina. Ovviamente – continua- il buon Dio non c’entra niente. Ma questo dimostra che l’uomo non ha imparato la lezione della storia.”

E conclude ricordando a malincuore che anche adesso col Covid, come allora con la peste, continuano ad esserci da parte di alcuni comportamenti irresponsabili, primo fra tutti quello di non rispettare le regole di distanziamento sociale e di igiene, che sono sempre state la prima arma contro le epidemie.

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