Greta Thunberg non va alla Cop27. E – chissà? – forse l’Europa la smette coi sensi di colpa sul global warming

(di Bulldog) Greta Thunberg non si è presentata alla Cop27 di Sharm el Sheik. Poca perdita, direte voi. In effetti, protestare a Stoccolma o a Londra viene più facile (e meno rischioso) che esporsi in Egitto, in Iran o in Cina come ci raccontano le cronache. Ma la ragazza questa volta l’ha fatta giusta. Sebbene colpevole di aver imposto la rivoluzione industriale, la vecchia e cara Europa non ha motivo di flagellarsi e martellarsi continuamente sugli zebedei per il global warming. Iniziamo a dire le cose come stanno: non siamo noi a soffocare il mondo. Almeno, non oggi.

Vediamo chi sono i Paesi che scaricano in atmosfera più tonnellate di CO2. Il report è del Sole24Ore.

E, indovina un po’, è la Cina la responsabile principe del riscaldamento globale: ogni anno spara in atmosfera 12.466 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Poi vengono gli USA, ben 4.752 (un terzo quindi dei comunisti di Pechino) e poi vengono altri due “grandi” produttori: l’India con 2.648 tonnellate e la Russia con 1.942. La Russia, da sola, emette più CO2 di quattro potenze industriali europee: Germania (665), Polonia (320), Italia (319) e Francia (302). L’Italia, oggettivamente il peggior paese possibile per tantissime anime belle col cuore nella ZTL della sinistra al caviale, è quindicesima al mondo sia per emissioni totali sia per emissioni pro-capite dove siamo superati, alla grande, da insospettabili Paesi: Arabia Saudita, Canada, Australia, Stati Uniti, Russia, Kazakhistan, Libia, Cina, Polonia, Germania, Mongolia, Sud Africa, Finlandia e Bielorussia…E la globalizzazione, coi suoi trasporti, spara in cielo poco meno di 700 milioni di tonnellate di CO2 l’anno. Il doppio di quanto facciamo noi italiani.

Vuol dire che da domani possiamo fregarcene e possiamo tirar fuori dai garage i nostri diesel euro zero e spingere a fondo sull’acceleratore? no, vuol dire semplicemente che abbiamo il dovere e la possibilità di dare l’esempio e di guidare la transizione verde come Europa, ma che dovremmo farlo non imponendo esclusivamente ai nostri concittadini – persone fisiche ed imprese – regole d’acciaio (con penalizzazioni conseguenti), ma imponendo agli stati canaglia della natura di smetterla col dumping ambientale. E quindi, freno alla globalizzazione; stop alle lunghe catene del valore; fine della caccia cinese alle terre altrui; fine delle importazioni di prodotti che vengono realizzati attraverso lo sfruttamento insensato della natura. Che sia la Cina, il Sudafrica o il Brasile poco importa: in Europa si produce con meno CO2. Less is more. Se volete vendere, vi adeguate. Altrimenti, il Bangladesh, il Pakistan e Shanghai ve li salvate da soli. Forse con un approccio più pragmatico e meno ideologico magari il pianeta lo salviamo per davvero…

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail