(p.d) Una pianta di ciclamini è nata in una fessura fra il marciapiede e un pilastro portante di un condominio in via Cefalonia, borgo Trento. Per di più in un periodo di siccità. Credevo che i ciclamini nascessero solo nei boschi, nei prati o, al massimo, nei vasi dai fioristi. E invece eccoli là, in un posto inaspettato, al punto che mi sono dovuto chinare e toccarli per vedere se erano veri, o se erano stati semplicemente appoggiati lì per terra. Una fioritura che ha del prodigioso sfruttando quel po’ di terra che c’è fra l’asfalto e la base del palazzo. Ma mi piace pensare che forse è qualcosa di più. Come se, attraverso la gentilezza di un fiore, la natura volesse dire all’uomo: “ti sbagli di grosso se pensi di essere riuscito a piegarmi alla tua volontà. Sono io la più forte. Tu stesso sei parte di me. E devi sottostare alle mie leggi. E’ un’illusione quella che ti sei fatto di potertele fare da te. Un’illusione pericolosissima che mi costringerà o prima o poi, o con le buone o con le cattive, a spiegarti che se vorrai continuare a vivere su questa terra, tu e le generazioni future, devi accettare le mie regole.
Con quei ciclamini che stamattina ti ho fatto trovare, venuti fuori da una fessura, facendosi largo fra il cemento e l’asfalto, ti ho voluto spiegare, stavolta con le buone, che solo incanalando la tua intelligenza e le tue energie nei limiti fissati da me puoi avere futuro. Altrimenti te lo dovrò spiegare con le cattive. Ma spero che non sia necessario. Meglio per te se lo capisci così, con un fiore. Ascolta me, fai girare la voce. Così potrò fare a meno di dare delle dimostrazioni della mia potenza molto meno gradevoli di un ciclamino che fiorisce su un marciapiede in città.”

Questo m’è venuto da pensare. O forse è stato solo un seme che è finito lì in quella fessura.