(di Paolo Danieli) Il grande avvocato Francesco Carnelutti scrisse un testo molto bello e profondo, ripubblicato per i tipi di Giappichelli (“Arte nel diritto”, 2017), che oggi è più che mai attuale per comprendere quello che accade nei rapporti fra i Poteri dello Stato.
La cronaca politica e giudiziaria degli ultimi anni continua a proporre casi che rivelano un conflitto aperto fra Magistrati e Politica ed in particolare fra 2 poteri dello Stato: quello Giudiziario e quello Esecutivo, se non addirittura quello Legislativo.
I più clamorosi e vicini in ordine di tempo riguardano l’interferenza dei giudici sulle politiche di contenimento dell’immigrazione illegale a difesa dei confini nazionali. Ma nel corso degli anni se ne sono verificati innumerevoli nei quali dei giudici, attraverso l’interpretazione delle leggi, di fatto si sono sostituiti al legislatore, violando così uno dei fondamenti della nostra Repubblica che è appunto la separazione dei Poteri.
Vale la pena leggere quello che scriveva Carnelutti ( foto studio Francesco Carnelutti) negli anni ’40, e quindi in tempi non sospetti, su questo delicato argomento.
Così Carnelutti sui giudici
«Sulla carta“, scriveva il grande avvocato, ”il giudice é un servitore della legge. Il legislatore sta sopra e il giudice sta sotto. “Dura lex, sed lex”. Eppure, la teoria, aggiungeva, non necessariamente trova conferma nella vita reale. Nella realtà della vita la lotta del fatto contro la legge si converte in lotta tra il giudice e il legislatore.
Ora che il legislatore domini e il giudice sia dominato é piuttosto apparenza che realtà. In realtà, come il diritto culmina nel giudizio, così il giudice finisce per giudicare anche il legislatore […]. Vi sono naturalmente giudici e giudici; né ciascun di essi ha oggi il cuore del pretore romano; tuttavia un giudizio che non contenga una dose, grande o piccola, di correzione della legge, é assai raro.
Se questa “santa soperchieria” si scopre quasi mai a occhio nudo, é frutto della consueta mascheratura […]. A parole nostre, il giudice, per far valere esigenze di superiore giustizia sostanziale, forza la lettera della legge, anzi, si “ribella” al legislatore operando una “soperchieria” che costituisce un formale abuso, ma sostanzialmente é “santa” proprio perché salvaguarda quelle esigenze.»
Parole attualissime che sarebbe bene che venissero lette da chi, come il Presidente della Repubblica, che oltre ad essere il Capo della Magistratura è anche il garante delle Istituzioni, ha il dovere di intervenire a tutela, quando si verificano dei fatti che mettono in pericolo il delicato equilibrio fra i Poteri dello Stato.