(di Giorgio Massignan) Dal 9 al 14 ottobre 1822, esattamente 200 anni fa, Verona visse uno dei suoi momenti migliori sulla scena della grande diplomazia europea. Dopo quella data, gli austriaci la destinarono a diventare la più importante base militare del Lombardo-Veneto. Costruirono importanti strutture fortificate e/o funzionali alle forze armate e le cucirono addosso il ruolo di città-fortezza, chiudendola alle sollecitazioni sociali e politiche esterne ed agli influssi risorgimentali e culturali dell’epoca, ad eccezione di pochi e isolati patrioti e martiri.

Durante il Congresso di Verona della Santa Alleanza nell’autunno del 1822, la città ospitò le teste coronate d’Europa. Fu il convegno che confermò e definì la Restaurazione sulle ceneri della rivoluzione napoleonica.  I principali palazzi cittadini, circa sessanta, furono ceduti ad affitti assai onerosi ai più importanti personaggi della politica dell’epoca.

Solo l’imperatore Francesco Giuseppe I, il padrone di casa, poté usufruire di palazzo Erbisti, in via Leoncino, senza nulla pagare.   Il principe di Metternich alloggiò a palazzo Castellani in piazzetta Broilo; il vicerè Ranieri a palazzo Giuliari; Maria Luisa d’Austria a casa Peccana in via xx Settembre; il re di Prussia, Federico Guglielmo a palazzo Fracastoro in Corso Porta Nuova; il duca di Wellington a palazzo Astori in vicolo Sant’Eufemia; lo zar Alessandro I a palazzo Canossa; il re di Sardegna Carlo Felice a palazzo Giusti a Veronetta.

Fu un congresso importante, dove venne approvata la risoluzione presentata dal duca di Wellington che riconosceva “vergognoso” il commercio degli schiavi; dove fu tolto il veto alla successione di Carlo Alberto al trono della Sardegna e dove venne deciso l’intervento militare dei francesi contro i liberali spagnoli. Quest’ultima risoluzione causò la rottura con la Gran Bretagna, che si trovava in totale disaccordo e che reagì uscendo dall’Alleanza.

Fu questa l’ultima apparizione di Verona sulla scena della grande politica europea e fu anche l’ultima occasione di aprire i propri palazzi, i propri teatri e di esibire il proprio patrimonio culturale e monumentale. Dopo quel congresso, Verona fu destinata a diventare una città fortezza, chiusa e militarizzata. Qualche retaggio dell’occupazione militare di Verona, la città lo sta ancora soffrendo.

Ne risulta un chiaro esempio la difficoltà di realizzare un Grande Museo di Castelvecchio per la presenza, negli spazi necessari all’allargamento, del Circolo Militare Unificato, non disposto a cambiare sede.