Le botteghe degli artigiani, nucleo storico ed embrione dell’industria moderna, continuano a chiudere. Le cause sono state rilevate con la consueta puntualità dalla Cgia di Mestre: l’aumento degli affitti, delle tasse, il ricambio generazionale che manca, la concorrenza della grande distribuzione e adesso anche le vendite online. Negli ultimi 10 anni il numero delle microimprese artigiane tra titolari, soci e collaboratori iscritti all’Inps è crollato di quasi 300 mila unità, per la precisone 281.9251.
Una moria che modifica irrimediabilmente il panorama delle nostre città e dei nostri paesi, le cui vie erano caratterizzate dalla presenza delle botteghe degli artigiani e che contribuisce alla desertificazione dei centri storici: meno botteghe artigiane e meno negozi di prossimità, anch’essi vittime dei centri commerciali, significano difficoltà per gli abitanti, costretti a spostamenti e disagi per fare la spesa o per andare dall’idraulico o dall’elettricista. Difficoltà che alla lunga ne determina il trasferimento in altri quartieri. Specie delle persone anziane che in Italia sono più di 10 milioni.
La chiusura delle botteghe e lo spostamento degli abitanti dai centri storici comporta anche la desertificazione sociale. I negozi di prossimità e gli artigiani hanno sempre costituito un momento di socializzazione e di coesione sociale. Il vedersi tutti i giorni, il riconoscersi, il salutarsi, lo scambio di quattro chiacchiere, la battuta scherzosa sono altrettanti momenti di vita, che permettono anche a chi è solo di non sentirsi tale, che danno la sensazione di poter contare gli uni sugli altri.
Se i centri delle nostre città diventano solo strade, piazze, chiese, monumenti da visitare ad uso dei turisti diventano un’altra cosa e perdono anche parte del loro fascino. Senza considerare che meno abitanti e men attività commerciali significano anche minor sicurezza. Non a caso numerosi episodi di violenza si verificano nei centri spopolati delle nostre città.