Legge Biagi, buttare via tutto è un errore

Alla fine sembra esserci una certezza: a quanto pare nessuno vuole azzerare la legge Biagi. Le affermazioni fatte da alcuni esponenti del nuovo governo Prodi non sembrano attecchire da nessuna delle parti economico-sociali. Prima gli industriali si sono espressi dichiarando un’eresia l’abolizione delle forme contrattuali introdotte dalla Legge 30, oggi anche il sindacato sembra mettere il veto su queste affermazioni.
«Qual è la nostra posizione sulla legge Biagi? – Afferma Sergio Facchinetti, segretario generale della Cisl Verona – Va migliorata con alcune correzioni e va completata con più tutele per i lavori flessibili e atipici, ma non si può pensare di tornare indietro e abolirla». [//]Le formule contrattuali introdotte dalla Legge 30 e più utilizzate dalle aziende, pensiamo al lavoro interinale e ai contratti a progetto, si sono rilevate un’opportunità di inserimento nel mondo del lavoro per molti giovani?
Sulla Biagi si deve intervenire per completarla, sulle tutele e sulla contribuzione. Se pensiamo all’effetto che ha portato nell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, gli ultimi dati sono confortanti, soprattutto sul fronte del lavoro interinale. Il lavoro interinale, dove stipendio e contribuiti previdenziali sono uguali ai contratti di lavoro subordinato, è un buon trampolino di ingresso nel mondo del lavoro, e i dati pubblicati da Bankitalia dicono che 3 lavoratori su 4 che entrano in azienda con questa formula poi vengono confermati.
Un tema su cui prestare attenzione sono i contratti di collaborazione a progetto, che devono essere utilizzati non come concorrenziali al lavoro subordinato dal punto di vista del costo, ma dal quello della prestazione offerta. Il miglioramento che la Biagi ha portato rispetto alla legge Treu del 1996 è proprio sulla definizione di un progetto come attività o prestazione professionale autonoma. Se utilizzati con in questo modo sono validi, se avviene un abuso da parte delle aziende questo va chiaramente punito. Un’azienda deve scegliere se prendere un dipendente in base alla necessità e non al costo. Va ricercato un sistema che costringa le aziende ad utilizzare queste formule a progetto in base alle reali necessità di prestazione richiesta al lavoratore.
Secondo voi quali sono le misure da prendere per migliorare la Legge Biagi?
Senza nasconderci dietro gli artifici lessicali tra cancellazione e riscrittura della Biagi, che possono significare qualcosa solo per chi ha il problema di sottrarsi alle posizioni più oltranziste, sul destino di questa riforma si gioca la partita tra chi vuol fare credere che la precarietà si vince cancellando le norme delle flessibilità di lavoro, e chi come noi pensa che il problema vada affrontato con più tutele. Questo significa ammortizzatori sociali, statuto nuovi lavori, sistema previdenziale più a misura dei lavori atipici, più salario, più incentivi alla occupazione e alla stabilizzazione, più regolazione negoziale.
Le posizioni tra le parti economiche, politiche e sociali, si dividono sul come reperire le risorse per lo sviluppo e per raggiungere gli obiettivi sociali. Qual è la vostra ricetta?
Ritengo che le risorse necessarie a garantire lo sviluppo e gli obiettivi sociali debbano venire soprattutto da un fisco equo. Vale a dire, innanzitutto lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero, tassazione delle rendite finanziarie, armonizzazione contributiva con l’innalzamento dei contributi dei lavoratori autonomi ed equiparando i costi dei diversi rapporti di lavoro, ora favorevoli paradossalmente a quelli più flessibili. L’attuale situazione non è più tollerabile: più della metà delle società di capitali dichiara un reddito inferiore a zero, oltre il 40% dei lavoratori autonomi denunciano meno di 10 mila euro, il totale dell’imponibile evaso ammonterebbe a 210 miliardi di euro, i lavoratori dipendenti e i pensionati contribuiscono per l’80% al prelievo complessivo.
Lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero. Due problemi che si ripercuotono sia sul fisco che sul sistema sociale…
Servono iniziative di sensibilizzazione e di mobilitazione per la lotta al lavoro nero stimabile in quasi un terzo del Pil, non solo per l’entità dell’evasione contributiva ma per le condizioni di sfruttamento e di mancanza di tutele delle lavoratrici e dei lavoratori interessati. A questo riguardo con il governo e le associazioni imprenditoriali dovranno essere individuate, senza ripetere i limiti che hanno fatto fallire le precedenti misure, politiche mirate, che vedano un coinvolgimento ed una responsabilizzazione forte delle forze datoriali e sindacali. L’emersione dal sommerso dei circa 500 mila lavoratori immigrati, per i quali i datori hanno chiesto l’inclusione nelle quote dei flussi legali di quest’anno, va perseguita senza incertezza.
Come preannunciato da Prodi, l’obiettivo di queste prime azioni di governo è quello di ridurre il cuneo fiscale.
Sulla riduzione del cuneo fiscale, che deve migliorare la competitività sul versante dei prezzi e rendere disponibili risorse per maggiori investimenti e consumi, riteniamo che una quota della riduzione debba andare a migliorare il salario dei lavoratori, magari concentrandolo più verso le fasce retributive più basse. La riduzione però deve essere mirata a vantaggio delle aziende innovative e più esposte alla competitività e di quelle che trasformano contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato e che privilegiano l’assunzione delle categorie in maggiore difficoltà nel mercato del lavoro, i giovani, le donne e i lavoratori anziani. Gli obiettivi da tenere assieme come finalità della manovra sono una spinta alla ripresa del sistema economico migliorando la competitività, il riequilibrio del mercato del lavoro e una ridistribuzione del reddito. La riduzione del cuneo deve pertanto agire su componenti del costo del lavoro, coerenti con questi obiettivi e sarebbe preferibile in modo prevalente, rispetto ai contributi previdenziali, sui così detti oneri impropri (contributo disoccupazione, maternità, mobilità, assegni familiari, infortuni) e sulla componente costo del lavoro dell’imponibile Irap.
Ha parlato di equa tassazione sulle rendite finanziarie…
Una misura fiscale su cui convenire subito, oltretutto per contribuire alla copertura degli oneri per ridurre il cuneo fiscale, è una equa tassazione della rendita finanziaria, ora di otto punti inferiore a quella Ue, tutelando ovviamente i piccoli risparmiatori e inasprendo ulteriormente il prelievo sulle grandi speculazioni finanziarie. Già con il recupero di quegli otto punti si stima un’entrata di oltre 5 miliardi. Non si può andare avanti con un sistema fiscale che premia il capitalismo finanziario, per sua natura predatorio, disincentivando gli investimenti produttivi. Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail