Il governo di destra-centro abolirà la vergogna del numero chiuso a Medicina. E’ già qualcosa. Un passo avanti rispetto ai governi precedenti. Al suo posto verrà introdotto il sistema ‘francese’, che non è un numero chiuso vero e proprio, ma qualcosa che c’assomiglia molto. 

Questo è quanto ha anticipato il sottosegretario all’Università, Augusta Montaruli (FdI) durante una breve conversazione a margine della conferenza stampa tenuta a margine di Job-Orienta.
Non ci sarà più un blocco delle iscrizioni ‘a priori’, basato sui famigerati test tipo ‘ruota della fortuna. Ma lo sbarramento, gli studenti che vogliono fare il medico, se lo troveranno dopo il primo anno.
Il provvedimento è ancora solo nelle intenzioni del Ministero dell’Università. Da capire con quale criterio si concretizzerà. Sarà sempre impostato in base al numero programmato, cosicché il numero degli studenti che potranno accedere al secondo anno è lo stesso di quelli che sarebbero stati selezionati col test d’ingresso?

In questo caso cambierebbe qualcosa sul criterio di selezione, in quanto avverrebbe su materie inerenti la medicina, che però al primo anno sono molto generiche e non garantiscono di verificare né la capacità né l’attitudine dello studente. Ci sarebbe una selezione meno casuale, ma pur sempre opinabile. Ma non cambierebbe nulla ai fini di far sfornare più medici alle università. 

Se invece venisse stabilito che accede all’anno successivo chi ha superato un certo numero di esami con una certa media, allora già sarebbe un sistema più equo, anche se non tutti gli atenei e i corsi hanno lo stesso metro di giudizio nell’assegnare i voti. 

“Il problema- ha ribadito Augusta Montaruli- sta nelle scuole di specializzazione che costituiscono un imbuto”. Inutile, sostiene, far laureare più medici se poi non possono accedere alle specialità. Quindi, alla fine, cambierà ben poco se il governo non sarà in grado di aumentare il numero degli specializzandi. Ma per farlo bisogna aumentare le dotazioni per i loro stipendi, visto che lavorano e devono essere pagati, e intervenire sulle strutture delle università e sul numero o la disponibilità dei docenti.
Sempre che, per risolvere la mancanza di medici, non si decida di prendere i toro per le corna e stabilire che per lavorare in ospedale o per fare il medico di famiglia basta essere laureati in Medicina e Chirurgia e iscritti all’Ordine dei Medici, cosa che può avvenire solo dopo 6 anni di corso di studi e che dà diritto a esercitare