L’intelligenza artificiale in medicina. Un’opportunità molto rischiosa

(di Francesco Bovolin) Tutti sanno cos’è l’Intelligenza Artificiale, che chiameremo IA. Ne parlano libri, articoli, trasmissioni di approfondimento. Sembra la soluzione a tutti i problemi dell’umanità, la panacea di tutti i mali, la soluzione alle difficoltà del mondo moderno.
Ma molti, studiosi, ingegneri informatici e soprattutto filosofi, sono assai più prudenti e critici. L’IA non ha un’etica, non ha sentimenti, è solo calcolo, freddo calcolo. Gli studi più avanzati ipotizzano che possa in un vicino futuro acquisire un sentire umano e quindi sottoporre automaticamente ad una specie di vaglio di censura i suoi comportamenti, ma ancora non è così.

E in medicina? La medicina è una scienza e quindi va da se che l’IA sia stata sviluppata anche in quest’ambito e che la medicina stessa possa avvantaggiarsene. Ma mi pare, per ora, che un atteggiamento prudente debba categoricamente essere l’atteggiamento di ogni medico.
Io sono un odontoiatra e quindi inizierò ad illustrare qualche applicazione presente e reale in questa materia. Due sono le più note, e mi riferisco all’implantologia con allineatori trasparenti e l’implantologia guidata. In entrambi i casi dei software, informati nel primo caso con impronta acquisita con cad-cam e nel secondo caso da informazioni radiologiche, anch’esse evidentemente in formato digitale, programmano una serie di mascherine-allineatori per i denti maldisposti nel caso dell’ortodonzia mentre analizzando l’immagine radiologica predispongono delle guide direzionali, con indicazione anche di lunghezza, per permettere l’inserimento degli impianti nella posizione che il software decide essere ottimale. Mi scuso se la comprensione risulta laboriosa, ma spiegare sinteticamente tali tecniche è per forza di cose complesso.

Non ho mai nutrito un grande amore per tali approcci medici, inizialmente solo per motivi che più avanti metterò in chiaro, ma nel mondo della sanità, ora, avanzano e si impongono anche numerosi software che, informati delle caratteristiche anamnestiche del paziente e della situazione patologica cogente, non si limitano a suggerire una diagnosi, ma propongono anche una terapia mirata. In sintesi, se ricordiamo che i fondamenti dall’agire medico sono fare diagnosi, stabilire una terapia e d esprimere una prognosi, ora l’IA ha fatto suoi il primo e il secondo di questi pilastri. A quando anche il terzo?

E allora perché laurearsi ancora in medicina? Fare il medico? Avere dei pazienti da, studiare, curare, amare?

L’IA aprirà uno studio, si connetterà col paziente, definirà quale percorso diagnostico percorrere, deciderà una terapia e se richiesta, bontà sua, esprimerà una diagnosi.
Ma, ma c’è un ma. L’IA, come detto sopra, non ha una coscienza, non ha sentimenti, non ha etica, almeno per ora. E quindi, se vorremmo che non dica, o scriva, a un paziente con carcinoma “guardi, lei ha un cancro, grave, metastatizzato qua e la, le terapie moderne concedono mediamente ai pazienti come lei un’aspettativa di vita che va dai 18 ai 24 mesi, di cui gli ultimi con decadimento grave della qualità di vita, intervenire chirurgicamente è un non senso, meglio una terapia antiblastica e poi terapia del dolore,  che sarà di grado 9 su una scala che va da 1 a 10, quindi si affretti a programmare questi tempi che le restano regolando la sua situazione affettiva ed economica perché tra poco non potrà più farlo” , forse sarà il caso di “rivalutare” il medico nella versione  “essere umano”. Colui che conosce il paziente, la sua famiglia, i suoi trascorsi sanitari. Colui che saprà trovare le parole giuste per la donna fragile piuttosto che per quella tosta tosta. Colui che sceglierà la terapia, magari una semplice terapia farmacologica, ma la terapia più adatta a un distratto piuttosto che a un meticoloso. Colui che saprà quando e con chi  sia meglio tacere anziché parlare.
E così anche in odontoiatria, pur rendendomi conto che c’è il progresso ecc ecc e bla bla bla e che il progresso avanza, magari però anche con fortissimi e non disinteressati appoggi delle ditte che con le tecnologie sopraddette  fanno cassa, continuo a sperare che le università sforneranno sempre uomini, e donne, medici e odontoiatri, e non solo ingegneri informatici che nutrendo e sviluppando le IA porteranno a un futuro nel quale il “dottore” sarà solo un ricordo e il famoso dott. Google Chrome, del quale ho parlato nel mio primo intervento su questo quotidiano, non avrà più concorrenti, se non la dottoressa Mozzilla Firefox oppure il dott. Microsoft Edge, consultando i quali prenderà una decisione e nelle mani dei quali il paziente sarà costretto a mettersi.
Alternative? Si, Silvano il Mago di Milano, forse meno efficace, ma di sicuro più simpatico.

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