Medici in pensione a 72 anni. Passa in Commissione il prolungamento volontario dell’attività lavorativa per supplire alla mancanza di camici bianchi

Dal 1 gennaio 2023 i medici del SSN, dipendenti o convenzionati, ed anche quelli delle strutture sanitarie private convenzionate col SSN nonché i professori universitari delle facoltà di Medicina e Chirurgia potranno, se lo vorranno, andare il pensione a 72 anni. Questo l’emendamento di Fratelli d’Italia passato ieri in Commissione Affari Sociali della Camera per i l quale è stata prevista la copertura di 10 milioni di euro. Scopo del prolungamento dell’attività lavorativa dei medici compensare la carenza di camici bianchi che sta diventando un emergenza a livello nazionale. Visto che l’Università, a causa dei noti errori nella programmazione e del numero chiusi non sforna abbastanza medici, ecco allora la scelta obbligata del governo: aumentiamo l’età pensionabile. Ovviamente su base volontaria. Chi vuole continuare a lavorare in ospedale o come medico di base o nelle Asl o Ulss che siano, come nelle cliniche private convenzionate dal 1 gennaio 2023 al 31 dicembre 2026 potrà farlo. Chi invece non se la sente o è stufo potrà andare normalmente in pensione a 70 anni. Una scelta di libertà per i professionisti, ma anche il modo più logico per tamponare la mancanza di medici. Il testo dell’emendamento alla manovra di bilancio che per essere efficace dovrà passare anche all’esame dell’Aula e quindi a quello del Senato, recita testualmente che allo scopo di “evitare il determinarsi di ulteriori carenze nelle dotazioni organiche, favorire l’esplicarsi a medio termine delle politiche di potenziamento della formazione universitaria con l’incremento dei laureati in medicina e chirurgia con le relative specializzazioni, nonché sostenere adeguatamente le azioni di contrasto all’emergenza pandemica”.
Il medico, previo preavviso di quattro mesi, qualora non se la sentisse più di lavorare, potrà sempre andare in pensione. Al contrario, la struttura dove il medico presenterà domanda di prosecuzione dell’attività lavorativa potrà rigettarla, ma solo con motivazione scritta.

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