Michele Giangrande, appello ai soci: votiamo per riportare Cattolica in alto con sobrietà, trasparenza e discontinuità

(di Beppe Giuliano) Può esserci un futuro per Cattolica, ma soltanto rimettendo al centro tutta la Compagnia, i soci, gli agenti, i dipendenti. E per farlo servono pochi  elementi: sobrietà, trasparenza  e discontinuità. Michele Giangrande (nella foto) è il candidato che raccoglie i molti dissidenti a Verona dell’operazione trasformazione in Spa e ingresso di Assicurazioni Generali. Per farlo, ha dovuto a inizio luglio incrociare le lame con la compagnia e difendere per cinque ore filate la documentazione presentata dai 136 soci che appoggiano la sua candidatura in contrapposizione a quella del DG Carlo Ferraresi, indicato dal Cda attuale. Un filibustering tenace che ha smontato un vero e proprio muro di gomma…

A 24 ore di scadenza dai tempi utili per votare per l’assemblea di fine luglio, Giangrande chiama a raccolta – per l’ultima volta – i soci Cattolica: «Lo so che è difficile, che la maggior parte della nostra gente ha più di 75 anni e non ha il fax, figuriamoci la pec, ma dobbiamo provarci. Dobbiamo riportare chiarezza, far luce sui tanti anni di operazioni opache che hanno bruciato i risparmi di più generazioni di Veronesi, che hanno portato la Compagnia al punto più basso della sua storia, arrivando a minarne le basi. Ma non tutto è perduto. I soci di Cattolica hanno dimostrato nel tempo una fedeltà a questa compagnia senza tentennamenti come nel 2014 quando ci hanno chiesto 500 milioni per operazioni straordinarie di crescita:  non ne abbiamo vista una. A quell’aumento di capitale ha aderito più del 99% dei soci, un’adesione senza dubbi. Abbiamo creduto alle parole del nostro presidente, ci siamo fidati. Con l’unico risultato di veder bruciati i nostri risparmi (oggi il titolo Cattolica ha perso il 2% chiudendo a 5,15€; praticamente il valore è dimezzato rispetto a gennaio 2018 come dimostra il grafico qui sotto) , denari che oggi a molti soci potrebbero essere utili come l’aria in questa fase di crisi. Invece non ci sono più, volatilizzati. Questa è una responsabilità molto grave per il presidente: il tradimento della nostra storia, dei suoi concittadini, della stessa dottrina sociale della Chiesa…».

A quali operazioni opache fa riferimento?

«Posso partire dall’accordo stesso con Generali : perché soltanto domani verranno resi noti alcuni termini del patto siglato? Mi si dice che resteranno ancora degli omissis, è vero? E’ l’assemblea più importante della nostra storia e veniamo messi a conoscenza dei fatti in questo modo. Le pare possibile? Le pare un segno di trasparenza?»

Torniamo all’accordo…

«Perché Generali si ferma al 24,4 e non va al 25%? Sarebbe scattato l’obbligo di OPA (offerta pubblica d’acquisto), i soci sarebbero stati premiati di più. E’ l’ultimo schiaffo alla nostra gente. Ma l’elenco è lungo…»

Proviamo a farlo?

«Partiamo da H-Farm che perde 6,5 milioni e va ricapitalizzata in toto; da Cà Tron, 80 milioni per farne non si sa che; arriviamo alla Scala di Milano, 10 milioni; alla Fondazione Arena, altri 2 milioni; alle società con la Popolare di Vicenza, 178 milioni tutti perduti; a Fata Assicurazioni che doveva far crescere la nostra specializzazione nell’agroalimentare (e invece era fatta al 50% di RCA) che ci è costata 195 milioni che pesano per altri 7/8 milioni come oneri finanziari l’anno…quei 500 milioni chiesti nel 2014 non sono finiti in operazioni strategiche, ma in errori, questi ed altri, in spese di rappresentanza inutili, in retribuzioni eccessive. Per questo, sottolineo, chiediamo ora sobrietà».

Mi permetta, di liste contro Bedoni negli ultimi anni ne abbiamo viste tante. Tutte sono finite nel silenzio…

«Cosa vuole che le dica? Il presidente è stato abile a gestire un CDA poco preparato, ma oggi c’è una consapevolezza nuova e diversa. Vedo tante associazioni che si sono unite, altre che pur restando autonome hanno aderito a questo movimento per il cambiamento. Quei soci che parteciparono  all’aumento di capitale del 2014 oggi non sono più disponibili».

Da qui probabilmente la ricerca oggi di un partner forte. Voi chi vorreste?

«Sta parlando di una ipotetica “fase due”. Io non ci sto a dirle chi vorrei come partner, perché banalmente non sono a conoscenza delle trattative fatte e delle promesse fatte. Non siamo neppure sicuri di quello che troveremmo eventualmente in Cattolica. Che ci fossero problemi di patrimonializzazione non è una novità: io stesso chiesi lumi alla vigilia dell’assemblea 2016. Generali? Vittoria? So che ci sono altri soggetti interessati. Ma prima bisogna fare pulizia in casa nostra: via questo management, vogliamo un CDA nuovo e preparato, una disamina dei conti e poi, soltanto dopo questo, possiamo parlare col mercato con cognizione di causa. Non entro nel giochino Generali-Vittoria… Resto concentrato sulla palla: è finita un’era, ne debbono essere tutti consapevoli; non ci sarà più un mandato fiduciario a questo presidente, ci hanno preso per il naso per troppo tempo, non ci fidiamo più: noi soci, gli agenti e i dipendenti, Sua Eccellenza il Vescovo. Chiarezza sui conti e sulla gestione, trasparenza nelle scelte, sobrietà nei comportamenti, tutela degli stakeholder e del risparmio dei soci che hanno fatto, costruito e fatto crescere questa compagnia che dev’essere cattolica di fatto e non soltanto di nome».

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