Mobilità a Verona, un traforo corto “a tempo” per le auto private per decongestionare la città

(di Giorgio Massignan) Per affrontare il problema della mobilità, è necessario prevedere un nuovo e diverso modello dei trasporti urbani, che privilegi quelli pubblici rispetto a quello privato a motore. Inoltre, andrebbero analizzati i diversi attrattori di traffico e le ore di maggior intensità dei flussi nelle arterie che li servono, per programmare e differenziare le aperture e le chiusure degli stessi. Probabilmente, in futuro, i motori ibridi e/o elettrici, sostituiranno quelli a combustione interna ma, per ridurre l’inquinamento, è necessario che l’energia prodotta derivi da fonti rinnovabili; l’Italia produce da tali fonti, circa il 60% dell’ energia elettrica totale, è ancora troppo poco.

In ogni caso, l’uso eccessivo di automobili private, anche se elettriche, provoca un insostenibile impatto sul territorio e sull’ambiente, per la necessità di sempre nuove infrastrutture stradali, di parcheggi e di occupazione di suolo pubblico.

La sola soluzione è nel trasporto pubblico, che dovrebbe rappresentare una reale alternativa a quello privato a motore, non un suo complemento.

Pur ritenendo il progetto del filobus, così come è stato pianificato, non adatto a risolvere i problemi di Verona; dopo il taglio di centinaia di alberi, spesi parecchi soldi e cantierizzato molte zone della città, è doveroso ultimarlo al più presto. Magari evitando che il suo percorso transiti da via XX Settembre e via San Paolo, ma segua il tracciato esterno delle mura magistrali.

Oltre al filobus, andrebbe istituito un servizio di minibus elettrici di collegamento con il Centro Storico; rivista e potenziata la rete dei percorsi ciclabili; realizzati i parcheggi scambiatori; attuata la pedonalizzazione del centro storico; mentre Borgo Trento, Cittadella, Valverde, San Bernardino e San Zeno, diventerebbero Zone a Traffico Limitato.

Ma, questi interventi strutturali, probabilmente, non saranno brevi e, soprattutto, per cambiare la mentalità e gli usi della gente ad un nuovo modello di mobilità, potrebbero servire decenni.

Tempi lunghi e difficoltà andrebbero a vantaggio di tutti coloro che propongono la grande infrastruttura, la cosiddetta panacea a tutti i problemi della mobilità: il traforo lungo, magari autostradale, o la resuscitata Mediana, che devasterebbe quello che resta del parco dell’Adige a est. Da sottolineare che per entrambe le opere, servirebbe il collegamento con l’ipotetica Strada di Gronda, tra San Massimo e l’attraversamento dell’Adige alla Sorte, un territorio ancora integro e paesaggisticamente prezioso. Limitarsi ad attendere un cambiamento negli usi dei veronesi, potrebbe essere pericoloso. Nel caso in cui i vari interventi non fossero sufficienti per risolvere il collegamento tra Borgo Trento e Borgo Venezia, ritengo sia necessario trovare un valido deterrente alle eventuali pressioni per il Traforo lungo e/o la Mediana.

L’ipotesi di un’opera viabilistica, non urbanistica, come un traforo breve per mezzi privati, che colleghi Porta Vescovo con la zona dell’Ospedale, potrebbe servire allo scopo; anche se sarà particolarmente complicato progettare l’ entrata e l’uscita dell’infrastruttura. Ma, una volta terminata la realizzazione di un efficace sistema di trasporto pubblico, il traforo breve potrebbe essere interdetto alle automobili private e inserito nei percorsi del filobus.

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