‘Negro’ non è mai stata una parola razzista. Il perché questa etichetta

(di Paolo Danieli)  Il caso Acerbi, il difensore dell’Inter che ha chiamato “negro” il giocatore del Napoli Juan Jesus, è l’ultimo episodio in ordine di tempo che solleva il problema del razzismo, sostanzialmente sconosciuto in Italia prima dell’immigrazione.

‘Negro’. Mai stata parola razzista. Perché questa etichetta
foto Facebook

Lo sport, per la grande visibilità che hanno i suoi protagonisti, amplifica tutto, compresi i comportamenti negativi o riprovevoli. Il calcio non fa eccezione e Acerbi, pur essendosi scusato, è stato prontamente punito, anche con l’esclusione dalla nazionale che in questi giorni è in trasferta negli States, per aver dato del “negro” a Juan Jesus. Solo loro due sanno che cosa è stato detto, in che circostanza, con che tono e con che espressione. Ma non è questo che è importante.

Quello su cui vale la pena fare una riflessione è che una parola, “negro”, che fino a qualche anno fa è sempre stata usata in maniera neutra per indicare coloro che sono di etnia africana, arabi esclusi, è stata fatta diventare un offesa razzista. 

Oggi per indicare una persona africana, dalle note caratteristiche fenotipiche, come la pelle di colore marron e i capelli crespi e neri, per dire di quelle più evidenti, non si può più dire “negro”, ma “nero”. La differenza la fa la lettera “g” che di un’innocente sostantivo ne fa un’offesa.

La mutazione semantica di ‘negro’

Non si sa la data dalla quale decorre la mutazione semantica, né chi l’ha decisa. Sta di fatto che i soloni del ‘politicamente corretto’ così hanno deciso. E il loro volere ha addirittura effetti legali. Al punto chi profferisce l’obbrobriosa parola viene perseguito. 

Alla base la dipendenza culturale dalla cultura angloamericana che, oltre ad avere invaso il nostro parlare di una serie infinita di termini inglesi, ha trasferito l’accezione dispregiativa del termine “nigger”, usato in America, all’italiano “negro”, che non l’aveva mai avuta essendo il corrispettivo di “black”, “nero”, neutro, privo di accezione valoriate.

E che in italiano sia sempre stato così è testimoniato dal fatto che nel nostro paese il razzismo era sempre stato assente e quindi non aveva senso nemmeno l’esistenza di due vocaboli distinti, uno neutro ed uno dispregiativo. 

‘Negro’. Mai stata parola razzista. Perché questa etichetta
foto YouTube

“Nel continente nero, paraponzi-ponzi-po,

alle falde del Kilimanjaro, paraponzi-ponzi-po,

Ci sta un popolo di negri, che ha inventato tanti balli,

Il più famoso è l’hully-gully, hully-gully, hully-gu….

Sia-amo i Watussi, sia-amo i Watussi, gli altissimi negri!

Ogni tre passi, ogni tre passi, facciamo sei metri…”   

cantava Edoardo Vianello nei mitici anni ’60 senza il minimo intento razzista. Anzi, con una certa simpatia per gli inventori dell’hully-gully, che allora andava tanto di moda. E come Edoardo Vianello tutti usavano la parola “negro” senza alcuna intenzione di offendere nessuno. 

Di questo nelle canzoni, che sono espressione della cultura popolare, e nella letteratura colta, c’è un’infinità di esempi. E anche adesso, nel parlare corrente, moltissimi continuano a farlo in maniera assolutamente innocente, senza alcuna sfumatura dispregiativa o offensiva. I più attenti a rispettare le regole del ‘politicamente corretto’, nel fluire del discorso riescono, e lo fanno spesso in extremis, una frazione di secondo prima che dalla loro bocca esca “negro”, a sostituirla con “nero”. Ma è una forzatura, un’imposizione culturale proveniente da un paese dove, a differenza del nostro, il razzismo c’è stato davvero.

‘Negro’. Mai stata parola razzista. Perché questa etichetta

Negli Usa la schiavitù è stata abolita solo nel 1865, 4 anni dopo l’unità d’Italia, dove la segregazione razziale è stata abolita solo nel 1964 dal Civil Rights Act, dove i nativi americani, che sarebbero poi i padroni di casa, vivono ancora nelle riserve e dove, a prescindere dalla legge, esiste di fatto una separazione di fatto fra “white” e “black”.  In America. Non in Italia, dove tutto questo non c’è mai stato.

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