Rebellis, la nuova sfida di Gianni Tessari

(di Elisabetta Tosi) Un po’ per spirito di contraddizione, un po’ per la voglia di rompere schemi precostituiti: la nuova avventura del noto produttore di Roncà Gianni Tessari (nella foto con la figlia Valeria) ha le caratteristiche di una scommessa e al tempo stesso di una sfida a certi convinzioni.

 Come quelle di chi guarda con diffidenza ai vitigni PIWI (dal tedesco pilzwiderstandfähige, cioè resistente ai funghi; sono uve che nascono da  incroci tra i generi Vitis nei quali si combinano una serie di caratteristiche che danno luogo a varietà innovative, resistenti alle principali patologie della vite). Tessari segue da anni con interesse e curiosità questo settore, che negli anni ha visto nascere una serie di nuove varietà, alcune delle quali ammesse anche in Italia. Il Solaris, per esempio, un incrocio realizzato presso l’Istituto di Friburgo nel 1975, è stato autorizzato in provincia di Verona solo nel 2013; quando l’ha saputo, Tessari non ha perso tempo, e a S.Giovanni Ilarione, a 550 m di altitudine, ha impiantato a pergola semplice un ettaro e mezzo della nuova varietà, su suolo calcareo, in un ambiente pre-montano. Il vigneto, infatti, orientato a sud-est e condotto in regime biologico, è circondato da boschi e in buona compagnia di altri due suoi vigneti, di uva Durella e Pinot Nero.

Dopo la prima vendemmia, tenutasi nel 2017, ad oggi le annate di Rebellis, come ha chiamato il suo nuovo vino, sono già quattro, tutte in commercio: “La scelta di mantenere in vendita tutte le annate nasce da una mia reazione ad un pregiudizio diffuso sui vini da vitigni PIWI – spiega Tessari – Molti infatti considerano questi vini come dei prodotti freschi, da bere subito, perché non credono che possano durare nel tempo. Già dopo le prime due  annate avevo capito che questo non era vero, perciò ho deciso di mettere da parte ogni anno qualche bottiglia, per capire come il vino evolve. In questo modo chi vuole organizzarsi una piccola verticale può farlo, perché dal 2017 al 2020 tutte le annate sono in vendita”. Dopo i primi due anni, nei quali i vini sono stati imbottigliati durante l’anno, le eccessive annate 2019 e 2020 hanno goduto di un affinamento più lungo, con ottimi esiti, come ha dimostrato la piccola verticale tenutasi in questi giorni presso l’azienda.

Se l’annata 2017, vendemmiata tra fine agosto e i primi di settembre e vinificata in acciaio mostra nel bicchiere un vino da colore dorato chiaro, con profumi di fiori gialli un po’ sottili e un gusto di frutta tropicale matura, con accenni vegetali sul finale, buona acidità e molta freschezza, già con la successiva 2018 si nota un deciso cambio di passo. Il colore del vino è dorato scuro, e una vinificazione più attenta alla protezione dall’ossigeno e alla pulizia hanno portato ad un vino dai profumi più maturi di zafferano, mela cotogna, fiori gialli. In bocca è coerente, fruttato, fresco e non privo di sapidità.

A partire dal 2019 Gianni Tessari introduce un’importante innovazione: l’uso dell’anfora, con una fermentazione sulle bucce modello orange wines. Il colore del vino  è un oro scuro che tende all’ambrato, i profumi tendono alle spezie dolci e alla macchia mediterranea: si avvertono le erbe aromatiche, la pesca gialla, l’albicocca, una sfumatura di legno esotico. Al gusto è ben secco, rotondo, pulito, coerente con le note olfattive. L’ultima annata, 2020, realizzata come la precedente, ha degli esiti leggermente diversi: al naso ricorda l’origano, la menta, in bocca è più fruttato, e come sempre molto fresco. “Vinificare questo vitigno è una sfida – dice il produttore – Ma è anche una sfida divertente; non essendo il core business dell’azienda (la GianniTessari produce principalmente Durello Spumante, Soave e alcuni vini rossi nei Colli Berici, n.d.a.), posso permettermi di fare qualche esperimento in più”. E di smentire chi non crede nella qualità dei vini da uve PIWI.

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