(di Elisabetta Tosi) Al Vinitaly 2006, un’azienda siciliana ricevette il “Premio Speciale Vinitaly” per i risultati ottenuti dai suoi vini al concorso enologico internazionale. Nulla di insolito, se non fosse che uno dei vini che avevano contribuito a questo riconoscimento era tutto fuorché siciliano: si trattava infatti del Muller Thurgau 2005, premiato con medaglia d’oro. A distanza di anni, questa varietà, originaria della Germania e che si riteneva appannaggio esclusivo (o quasi) dei vigneti e delle altitudini del Nord Italia, continua a mostrarsi perfettamente a suo agio anche nel profondo Sud. Una dimostrazione delle grandi potenzialità della Sicilia, ma anche del fatto che non bisogna lasciarsi fuorviare da vecchi stereotipi.

Lo spiega bene il noto enologo Luca D’Attoma, attuale consulente dell’azienda in questione, la trapanese Casa Vinicola Fazio: «In passato ci si era fatti l’idea che il Nord fosse la patria dei vini aromatici e che al  Sud venissero bene solo vini passiti o rossi molto alcolici. Non è assolutamente vero. La Sicilia è una regione a sé, con un territorio molto vasto, dove si possono fare vini dalla pianura all’alta collina. In quest’ultimo caso sono fondamentali i microclimi: nelle aree esposte a nord, o in un est più riparato dal sole, i vitigni aromatici trovano l’habitat ideale, perché maturano non solo negli zuccheri, ma anche negli aromi. Nel caso del Muller Thurgau – continua l’enologo – serve una conduzione viticola molto attenta, precisa, ma i terreni in alta collina sono freschi, e anche se non c’è irrigazione di soccorso, grazie alle argille profonde presenti nel sottosuolo, con i vitigni aromatici si possono fare ottimi vini».

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Lilly Fazio (nella foto qui sopra) è amministratore unico e volto di Casa Vinicola Fazio, una delle 60 aziende presenti a Sicilia En Primeur 2023, il tradizionale appuntamento organizzato da Assovini per fare il punto sullo stato dell’arte dell’enologia siciliana. Con noi ripercorre volentieri le prime fasi di quel fortunato esperimento: «Erano gli anni ’90 quando iniziammo a fare dei campi sperimentali con vitigni sia internazionali che autoctoni. Insieme a quelli piantammo anche altre uve, per vedere come si comportavano. Il Muller Thurgau fu quello che rispose meglio e decidemmo di imbottigliarlo. Fu subito un successo, e ci diede molta fama. E anche se oggi siamo impegnati a promuovere soprattutto le varietà siciliane – conclude –  il Muller Thurgau continua ad essere uno dei vini che ci contraddistingue».

Oggi il vigneto di quest’azienda famigliare  si estende su 45 ettari di terreno. Da qui  arrivano una ventina di etichette, sia di vini fermi che spumanti,  fatti con uve tipiche siciliane – come Catarratto, Grillo, Nerello Mascalese, Nero d’Avola –  e con vitigni internazionali (come Chardonnay e Syrah, tra gli altri). Gli ettari coltivati a Muller Thurgau sono solo 3, a 500 m sul livello del mare, alle pendici del Monte Erice, su terreni franco argillosi ricchi di carbonati e calcariniti. Soggetti a importanti escursioni termiche giorno/notte e alle forti brezze marine, i vigneti godono di una salinità che si ritrova anche nel bicchiere: vinificato solo in acciaio e affinato in bottiglia per almeno tre mesi, il Muller Thurgau DOC Erice 2022 ha i profumi di frutta gialla matura tipici della varietà, ai quali si accostano quelli dei fiori di zagara, finocchietto selvatico ed erbe mediterranee, mentre al gusto si rivela un vino fresco, lungo e piacevolmente sapido. «I Fazio hanno creduto in queso vitigno in tempi non sospetti – commenta D’Attoma – Quando si fanno questi cambiamenti bisogna avere coraggio e non lasciarsi condizionare dalle critiche.  Hanno voluto dare una chance ad una varietà non siciliana e in questo sono stati dei precursori».

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Coraggio, curiosità e voglia di sperimentare qualcosa di diverso sono state le molle che hanno spinto anche un altro produttore, questa volta di Marsala, a piantare un vitigno del Nord: «Tutto nasce dal fatto che mio padre Bruno, enologo della nostra cantina, crede molto nel nostro territorio e tende a fare studi di zonazione per individuare per ogni varietà la zona migliore in cui piantarla – racconta Federica Fina, nella foto qui sopra, che insieme ai fratelli Sergio e Marco è coinvolta nella gestione dell’azienda omonima –  Era il 2006 quando decise di piantare Traminer, trovando la zona più adatta nel versante nord della montagna di Erice, a 550 m. d’altezza. I vigneti sono meravigliosi: si affacciano sul mare».

Una scelta così fuori dagli schemi non poteva passare inosservata. «Quando nel 2009 uscì la prima produzione di Kikè, il nostro Traminer Aromatico, ci presero per matti. Al Vinitaly dovevo inventarmi delle scuse per farlo assaggiare, perchè se dicevo che era un Traminer  la gente si rifiutava di provarlo. Allora facevo prima assaggiare tutti gli altri nostri vini e  per ultimo versavo il Kikè, sfidando le persone indovinare che vino fosse. Da lì a poco divenne il nostro vino di punta, e segnò la svolta della nostra storia aziendale».

I vigneti di Fina si estendono principalmente lungo la collina dove sorgono la cantina e la struttura riservata all’accoglienza enoturistica, in una spettacolare posizione panoramica di fronte alle saline di Marsala e all’isola di Mozia. Le varietà coltivate sono quelle siciliane come Grillo, Nero d’Avola e Perricone (per i quali Bruno Fina continua la sua ricerca di cloni originali) e alcune internazionali. «Negli anni mio padre ha fatto anche altri impianti di Traminer – continua Federica Fina – Oltre a Erice ha individuato la zona di Santa Ninfa, a 600 m, ma soprattutto quella di Marineo, a 900 m d’altitudine: di nuovo, grande altitudine, ma con tanta luminosità. E’ la luce il fattore chiave della Sicilia – puntualizza –  Io credo che si capisca che il Kikè è un Traminer siciliano perchè un po’ si percepisce quel calore che viene dalla nostra terra».

Con appena un 10% di Sauvignon Blanc a smorzare l’esuberante aromaticità del Traminer, il Kikè Terre Siciliane IGP 2022 è un vino molto equilibrato: ai profumi floreali di rosa e  di frutta tropicale si accompagnano quelli di macchia mediterranea e di buccia di limone. In bocca è pulito, lungo, salino e con bella chiusura di assaggio tendente all’agrume maturo. Come il Muller Thurgau di Fazio, anche Il Traminer di Fina è una sfida vinta.