Al sondaggio di Alessandra Ghisleri pubblicato domenica che registra FdI primo partito italiano, qualunque sia la legge elettorale, ne è seguito subito uno di Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera che analizza la composizione sociale del consenso ai partiti.

Il dato che ne esce conferma che il Pd è il partito dei benestanti, non quello dei proletari, com’era il Pci, da cui è nato. Con successive mutazioni, ma senza soluzione di continuità, il partito guida della sinistra s’è trasformato da partito della classe operaia a partito del ceto dirigente: imprenditori, quadri e liberi professionisti che costituiscono il 24,2% del suo elettorato. Ma sono gli impiegati e gli insegnanti le categorie che votano di più Pd: 25,4%.
Le fasce di reddito confermano la tendenza a rappresentare i ceti benestanti, il 31,4%, e con condizione economica medio-alta, il 25,9%.

Fratelli d’Italia invece raccoglie il 24,8 % dei consensi, 10 punti in più del  Pd, fra i lavoratori autonomi. Ma continua a riscuotere il 20,8% del consenso anche tra impiegati e insegnanti, soprattutto nel pubblico impiego, tradizionale base della destra nel centro-sud. La novità è anche che il 20,4% delle casalinghe ha abbandonato Berlusconi per la Meloni.
I pensionati per il 29,2% preferiscono il Pd, per il 19,4% FdI e per il 12,8% la Lega. FdI, al contrario del Pd, s’impone tra i meno abbienti,21,5%, seguito dalla Lega, 19,7%. 

Per quel che riguarda invece l’astensione è soprattutto la condizione economica a determinarla. Il 54,8% è di condizione economica bassa, il 50,6% medio bassa. Le casalinghe si astengono per il 54%, gli over65 per il 53,2, i meridionali per il 51,1% e le persone meno istruite per il 47,3%.
Se una volta i non garantiti si rivolgevano alla sinistra o più genericamente all’opposizione, oggi non vanno a votare per niente, segno di grande sfiducia nella possibilità che dà il sistema di far sentire la loro voce.