(di Gianni Schicchi) E’ spiazzante sentire suonare una tromba, anzi un flicorno, al posto di un violoncello, soprattutto quando sai per quale strumento è stato concepito il celebre Concerto Hob. VIIb:I di Haydn a cui sei abituato da una vita. Eppure quando lo senti affrontare da quel portento che si è rivelato l’israelo-russo Sergei Nakariakov, con il suo splendido strumento a fiato, ti rassicuri in pochi minuti.

45eb9ac8 a02c 429d a3a4 2394cb7410b8

E’ successo tutto ieri sera al Teatro Ristori, quando I Virtuosi Italiani si sono presentati per la loro ultima fatica di febbraio, accompagnando il giovane solista che al termine della sua prestazione è stato subissato da una valanga di applausi (molti gli spettatori giovani presenti), tanto insistenti da ottenere poi come bis il delizioso Gabriels’ di Ennio Morricone dal film Mission.

Sergei Nakariakov è indubbiamente un talentuoso in grado di domare uno strumento difficoltoso come il flicorno (che della tromba condivide molta tecnica e la struttura). E tanto più in una splendida chicca della produzione concertistica haydniana, scritta per porre in rilievo le qualità stilistiche dei membri delle orchestre del principe Esterhàzy. Siamo stati attratti dalla bravura di Nakariakov fin dal Moderato inziale, di ampio respiro, dove anche i fiati, con delle semplici note lunghe, hanno aiutato a rendere le sfumature espressive ancora più intense. Il punto di massima tensione emotiva Nakaraikov lo ha raggiunge nello splendido Adagio, uno dei capolavori di Haydn.

Anch’esso in forma sonata (peraltro monotematica come spesso accade in Haydn) dove il suo strumento canta, sussurra con straordinaria forza espressiva avventurandosi anche nel registro acuto, sciorinando momenti di vera estasi contemplativa che sembrano spalancare le porte ad una temperie stilistica. Nell’Allegro finale, brano dalla pulsione ritmica frenetica e scattante, Nakariakov domina la scena col suo virtuosismo così estroverso e solare, dove non si è risparmia dall’inserire ulteriori variazioni al brano, mostrando così una tempra di artista davvero straordinaria. 

Il successo della serata è stato condiviso da I Virtuosi Italiani, che si sono cimentati in apertura con uno spigliatissimo Divertimento in re maggiore K 136 di Mozart, per completare la serata con i due deliziosi pezzi novecenteschi: la Serenata per archi op. 20 dell’inglese Elgar e la Holberg Suite op. 40 del norvegese Grieg. L’orchestra veronese, con qualche variazione nel suo organico negli ultimi mesi, sta mostrando una maturità invidiabile, in possesso di colori variatissimi, di una sua discorsività ben delineata e caratterizzante, una ricchezza di espressioni che la pongono fra i migliori ensemble di archi nazionali oggi in circolazione.