Per combattere la violenza in città bisogna capirne la causa

(di Paolo Danieli) Per capire i motivi della violenza nelle nostre città, e Verona non ne è esente, bisogna capirne la causa. Per farlo basta guardare come il fenomeno è nato e si è evoluto in quelle società nelle quali è presente da anni.  In Francia abbiamo l’esempio più vicino.

La violenza è legata all’immigrazione

Con la decolonizzazione avvenuta negli anni ’50 del secolo scorso dopo la seconda guerra mondiale, molti africani dei paesi che facevano parte dell’impero coloniale francese sono arrivati a Parigi e nelle grandi città in cerca di lavoro. Vi si sono stabiliti, hanno messo su famiglia ed hanno fatto figli. A differenza dell’Italia, che ha posseduto solo qualche colonia e per poco tempo, dove l’immigrazione è abbastanza recente, in Francia oggi vivono immigrati che sono alla seconda, terza e anche quarta generazione.

Questi pur essendo cittadini francesi a tutti gli effetti, si sento algerini, maliani, marocchini, senegalesie così via e, come dice il filosofo Alain de Benoist, “non conoscono praticamente niente dei paesi da cui provengono i loro genitori o i nonni. Non si sentono francesi, ma dispongono soltanto di un’identità di ricambio artificiale o immaginaria. La loro frustrazione è totale. Possono esprimere ciò che sono solo attraverso la violenza e la distruzione(Diorama letterario n.375).

Questo a differenza degli immigrati di prima generazione che erano/sono ben consapevoli delle loro origini e della loro identità.

Violenza gratuita

In Francia, osserva sempre de Benoist, in questi giovani che vivono nelle periferie, “ si è sviluppata una cultura della violenza gratuita: si ricorre alla violenza non più per rubare qualcosa, ma per un brutto sguardo, per il rifiuto di una sigaretta o semplicemente per nessun motivo, se non per il piacere. E si sale subito agli estremi: si continua colpire chi è già terra, non si esita ad uccidere. Secondo un’inchiesta dell’Insee – l’Istat francese ndr.-, in Francia si registra un’aggressione gratuita ogni 44 secondi.”

E’ esattamente quello che sta accadendo in Italia e anche a Verona. Ricordate l’anno scorso, in dicembre, il giovane cameriere pestato a sangue da dei giovani marocchini solo perché aveva rifiutato loro una sigaretta? Tutti ci eravamo chiesti: perché? Com’è possibile? Che cosa passa per la testa di chi commette una simile violenza gratuita?  La spiegazione, confezionata con l’esperienza di chi questi episodi li vive ogni giorno da anni, è quella illustrata dal filosofo francese.

Cui aggiunge, ad integrazione della precedente, un’altra interessante spiegazione su come si pongono molti immigrati nei confronti della società e dello stato: “la maggior parte di loro proviene da culture da società familiari di tipo clanico e continua a comportarsi alla maniera di un clan. Se uno di loro è vittima della ‘violenza poliziesca’, tutti si ritengono a loro volta vittime”.

E’ quello che i poteri pubblici, prigionieri delle loro ideologie, non riescono a comprendere: la madre di un figlio ucciso dopo aver commesso un attacco a mano armata non dirà mai che figlio si è comportato male. Dirà che attraverso di lui è stato attaccato tutto il suo clan. E’ il principio stesso del tribalismo clanico: i miei hanno sempre ragione perché sono i miei”.

Fino a quando chi ha il compito di gestire l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini non prenderà atto di questa realtà, che se per l’Italia è nuova in altri paesi è qualcosa di ampiamente sperimentato, il problema della violenza nelle nostre città non potrà essere risolto. La situazione della sicurezza comincia ad essere grave. Alcune zone sono fuori controllo o pericolose da frequentare.

Alla sera sono sempre di più le persone, specie donne, che hanno paura ad uscire da sole. Gli episodi di aggressioni gratuite sono sere più frequenti. Le autorità preposte si auto-assolvono parlando di sicurezza ‘percepita’ come se la realtà fosse diversa. Come se la gente avesse un’alterata percezione della realtà. Quasi fosse una malattia. Ma mettere la testa sotto la sabbia, magari per non arrivare a conclusioni che cozzano con il ‘politicamente corretto’,  non porterà a risolvere alcunché. 

Per curare la malattia bisogna conoscerne la causa. E allora basta solo prendere atto di quello che avviene in Francia e tirare le logiche conseguenze. Ma bisogna volerlo.

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