(s.t.) Ci mancava anche l’ultima beffa con il divieto di tornare a sciare, con i danni non solo per gli impianti ma anche per tutto l’indotto della montagna, alberghi e ristoranti al primo posto. La verità è che da un anno il turismo in generale è alla canna del gas e le città d’arte come Verona e tre quarti del Veneto stanno tirando la cinghia come mai in passato. Ora lo conferma l’analisi del centro studi degli artigiani della CGIA di Mestre, che ha elaborato i dati ufficiali dell’Istat. Dalle stime sull’andamento medio del fatturato 2020 i settori più colpiti dalla pandemia sono stati il commercio, i servizi alla persona e l’intrattenimento. E i risultati sono impietosi: agenzie di viaggio e tour operator -73,2%; le attività artistiche, le palestre, piscine, sale giochi, cinema e teatri -70%; soprattutto alberghi e alloggi -53% con bar e ristoranti colpiti da un -34,7%; male anche noleggio e leasing operativo e commercio e riparazione di veicoli. A rischio quasi 300 mila micro imprese e 2 milioni di addetti.

In termini assoluti la peggiore perdita di fatturato ha interessato il commercio all’ingrosso (-44,3 miliardi), ma bar e ristoranti hanno detto addio a 21,3 miliardi. Alberghi, agenzie di viaggio e tour operator si sono dissanguati per oltre 23 miliardi. Un tracollo per un insieme di attività che producono un valore aggiunto che sfiora i 63 miliardi e che danno lavoro a un importante segmento di occupazione nazionale, con una medio di 6,5 addetti per ogni impresa oggi a rischio di chiusura. Stiamo parlando delle piccole imprese che l’emergenza sanitaria ha colpito pesantemente, che non sono state in grado di adottare una strategia di risposta alla crisi e adesso corrono il pericolo di chiudere definitivamente bottega. Forse non tutti, ma lo sblocco dei licenziamenti previsto per la fine di marzo potrebbe lasciare gli addetti di queste strutture senza più un’occupazione regolare.

La crisi ha colpito tutti, ma anche se è il Sud a subire i principali contraccolpi del Covid-19 da un punto di vista sia economico che sociale, il denominatore comune che caratterizza tutto il Paese è la crisi delle città d’arte ad alta vocazione turistica. Delle quali è strapieno il Nord: Verona, Venezia, Padova, Milano, Torino, Genova hanno subito un crollo verticale di presenze turistiche straniere, senza nulla togliere a Firenze, Roma, Matera, Bari, Siracusa, Napoli, Cagliari o Palermo. A fronte di questa situazione, le filiere ubicate in queste città si sono ritrovate più in affanno e lo saranno anche nel 2021, almeno finché la vaccinazione garantirà l’immunità di gregge e la possibilità di spostarsi liberamente. Una data che però nonostante le rassicurazioni continua a scivolare in avanti, ben oltre la fine dell’anno.

In queste circostanze è prevedibile un incremento del lavoro nero e degli abusivi presenti già in forze in Italia sotto la compassionevole definizione di economia sommersa. E come si fa a dare torto a chi, rimasto senza lavoro né prospettive concrete di trovarne un altro, si rimboccherà le maniche e si arrangerà anche ricorrendo a un’occupazione in nero? Con questa scelta comprensibile ma illecita riuscirà a raccogliere poche centinaia di euro alla settimana, versati in contanti senza imposte né contributi previdenziali e assicurativi: un giro vizioso che la CGIA segnala aggiungendo le dimensioni del fenomeno. In Italia secondo gli ultimi dati ci sono oltre 3,3 milioni di occupati in nero, il 38% dei quali nelle regioni del Sud. Un esercito di “invisibili” che ogni giorno si presenta in campi e cantieri, in fabbrica o nelle case degli italiani per svolgere un servizio. Pur essendo sconosciuti all’Inps, all’Inail e al fisco, gli effetti economici negativi prodotti da questi soggetti sono molto preoccupanti. Essi, infatti, “generano” quasi 80 miliardi l’anno di valore aggiunto che resta sommerso.

L’auspicio degli Artigiani di Mestre è che il governo ora affronti rapidamente le numerose emergenze sul tappeto. Nei primi cento giorni della cosiddetta “luna di miele” l’esecutivo si troverà davanti almeno tre grandi questioni. Riorganizzare il piano vaccinale rendendolo più efficace ed efficiente perché con l’immunità di gregge ci si possano lasciare alle spalle limitazioni e lockdown subiti in questo ultimo anno. Introdurre delle misure a sostegno di chi perderà il lavoro con lo sblocco dei licenziamenti a partire dal 1° aprile. Presentare alla UE il Recovery plan entro il 30 aprile: un piano da oltre 210 miliardi che dovrà indicare nei dettagli gli interventi necessari da realizzare nei prossimi anni per dare un futuro al Paese.