(di Domenico Benedetti Valentini) Con questo Parlamento Europeo c’è poco da star allegri. E men che meno tranquilli. L’assemblea di Strasburgo, con deliberazione peraltro non vincolante, ha approvato una mozione con cui si “invitano gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo, in quanto ciò ostacola la capacità di Kiev di esercitare pienamente il suo diritto all’autodifesa”. I gruppi sia di destra che di sinistra si sono alquanto divisi nel votare pro o contro questa parte (punto 8) del testo.
Gli europarlamentari italiani, sebbene con motivazioni differenti, hanno ragionevolmente votato quasi tutti contro. La questione, inutile ripeterlo, è delicatissima. Che “normalmente”, in un conflitto armato, le parti belligeranti, per raggiungere gli effetti complessivi della loro azione strategica, si diano la facoltà tanto di difendere il proprio territorio quanto di offendere quello nemico, è cosa ovvia e ben nota.
Ma in questo caso l’Ucraina sta conducendo le sue operazioni militari con sistemi d’arma e ordigni, di terra e d’aria, forniti dai Paesi occidentali che l’appoggiano. Fino ad oggi la “clausola” di fornitura è stata che potessero essere impiegati soltanto nella difesa del territorio ucraino in senso stretto. Non sfugge infatti che la enorme, costante e dichiarata fornitura bellica costituisce una partecipazione attiva, anche se indiretta, al conflitto, sulla premessa politica che essa contribuisca all’azione difensiva contro un’operazione invasiva ed aggressiva.
Se questi armamenti, anche missili a lunga gittata, vengono impiegati indirizzandoli sul territorio russo, si può ben sostenere che ciò sia opportuno sul piano di un “comune” conflitto; ma è innegabile che rappresenti qualcosa di assai simile o equipollente ad una dichiarazione di guerra da parte dei Paesi fornitori: sia pure guerra combattuta per interposta Ucraina (sempre che gli “istruttori” occidentali non si inseriscano a pieno titolo nell’operatività ucraina o non ci siano menti avventate, come Macron e altri, che opzionano l’invio al fronte di truppe delle nazioni solidali con Kiev).
Il no della prudenza del governo italiano
Ora, senza che tutto ci rimandi al discorso sui “massimi sistemi” (etica della risposta all’aggressione, convenienze continentali, rapporti dell’Europa occidentale con la Federazione Russa, NATO ed equilibri mondiali e quant’altro), il rischio di una guerra totale dalle orripilanti prospettive, con questo voto del Parlamento Europeo, per fortuna non obbligante i singoli Governi, subisce un rilevante aggravamento. Tant’è che il presidente della Duma russa Volodin non ha tardato a commentare: “Ciò spinge verso una guerra mondiale con armi nucleari, poiché in caso di attacchi ucraini in profondità in Russia con armi occidentali, la Russia darà una risposta dura usando armi più potenti”….
Restando apprezzabile la posizione “prudente” del governo italiano sulla specifica questione, continuiamo a domandarci se i Paesi più responsabili non debbano attivare una ridiscussione complessiva della diversa influenza che debbano esercitare sulle prospettive di questa crisi così incandescente.