(di Sebastiano Saglimbeni) Per rievocare la bellezza o beltà muliebre nel verso del nostro Paese si deve incominciare con quello espresso dalla Poesia siciliana fiorita alla corte di Federico II, re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero. Questi perseguì un ideale tutto rivolto alla grandezza della poesia essendo stato anche lui poeta, tra i poeti siciliani. Di quella messe poetica in volgare nell’isola, Dante Alighieri, fra l’altro, nel De vulgari eloquentia si era espresso:“…è manifesto che il volgare di Sicilia si attribuisce rinomanza al di sopra degli altri, per il fatto che tutto ciò che gli Italiani poeticamente compongono si chiama siciliano….”.
E si pensi al sonetto di Giacomo o Iacopo da Lentini, di cui, con incertezza, si crede che sia stato l’inventore di questo genere letterario tanto composto con due quartine e due terzine e con tanto di rima e pure caudato. Del da Lentini lo stesso Dante ne parla nel ventiquattresimo canto del Purgatorio quando incontra Bonaggiunta Orbicciani da Lucca.
In una strofa del testo poetico di settenari di da Lentini “Meravigliosamente” si legge:
”Canzonetta novella,
va’ canta nova cosa;
lèvati da matino
davanti a la più bella,
fiore d’ogni amorosa,
bionda più ch’ auro fino:
lo vostro amor, ch’è caro,
donatelo al Notaro
ch’è nato da Lentino” .
La donna è “la più bella” assimilata alla purezza di un fiore e al pregiato puro biondo dell’oro.
Della poesia stilnovistica il nome del bolognese Guido Guinizelli, giudice, uomo sapiente e cultore di filosofia. In una strofa della canzone di endecasillabi e settenari ”Al cor gentil repaire sempre amore” si legge:
Foco d’amore in gentil cor s’apprende
come virtude in petra preziosa,
che da la stella valor no i discende
anti che ‘l sol la faccia gentil cosa;
poi che n’ha tratto fore
per sua forza lo sol ciò che lì è vile,
stella li dà valore:
così lo cor ch’è fatto da natura
asletto, pur, gentile.
donna a guisa di stella lo ‘nnamora.
La donna è gentile come una stella, un concetto che riprenderanno molti poeti dialettali siciliani nei canti popolari, poeti anche analfabeti, ma pure molti altri poeti. La donna per il poeta bolognese è assimilata ad una pietra preziosa. Che quando qualcuno la possedeva esclamava: ”Come è bella!
La bellezza nel poeta toscano Guido Cavalcanti, amico di Dante è cantata nella ballata “Perch’i’ non spero di tornar giammai”. Qui pure sgomento di presagi di morte. Il poeta è lontano dalla sua terra, è pure malato nel corpo e nell’amore e si affida alla ballatetta perché lo riferisca “a quella bella donna”.
La bellezza della donna nei versi di Dante che, tra i priori di Firenze, non risparmiò l’esilio all’amico Cavalcanti, finito, ironia della sorte, dopo, pure lui in esilio a vita.
Due donne in cima de la mente mia
venute sono a ragionar d’amore:
l’una ha in sé cortesia e valore,
l’altra tra la bellezza è vaga leggiadra…
E la bellezza cantata da Francesco Petrarca si legge nel più eccelso sonetto che egli aveva scritto per la morte di Laura. Ne seguenti endecasillabi.
Quasi un dolce dormir n’ suoi occhi,
sendo lo spirto già da lei diviso,
era quel che morir chiaman gli sciocchi:
morte bella parea nel suo bel viso.
Assurgeva a bellezza la morte nel viso bello di Laura.
Di qui in avanti nella nostro patrimonio letterario. E quindi Ugo Foscolo che nell’ode “All’amica risanata” riveste di beltà Antonietta Fagnani Arese, assalita da una grave malattia.
…sorgon così tue dive
membra dall’egro talamo,
e in te beltà rivive.
l’aurea beltade…
Meste le grazie mirino
chi la beltà fugace
ti membra, e il giorno dell’eterna pace.
Per Giacomo Leopardi la beltà si aggiunge alla luce degli occhi “ridenti e fuggitivi” della giovane Silvia.
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi….
O amor mio primo…, dell’ ”Idillio maremmano” di Giosue Carducci è cantata la bionda Maria e la beltà compianta dal poeta in una stagione di fine biologica.
Da un Premio Nobel a quello di Salvatore Quasimodo, che nella poesia ”Nemica della morte”, dedicata a Rossana Sironi canta:
Tu non dovevi, o cara
strappare la tua immagine dal mondo,
toglierci una misura di bellezza…..
Questi i poeti scelti.
Si accennava sopra ai canti popolari. E qui di seguito alcuni versi dei poeti di Limina, provincia di Messina. La traduzione nella nostra lingua è di chi questa nota redige.
Bella, le tue bellezze sono assai,
quanto le stimo credere non puoi,
se vado a letto non riposo mai,
riposo invoco tra le braccia tue…
Bellezza iterata e desiderio ardente di dormire abbracciato a lei.
La bella alla finestra si affacciò
fece un segno con gli occhi e se ne andò
e una mela morsicchiata mi buttò…
Qui il contadino inconsapevolmente ci rievoca la mela saffica.
Il sole spunta e tu , bella, ti affacci
e lo intrattieni con le tue bellezze..
Eccelsamente poetico. La duplice bellezza intrattiene il sole.
O rosa che sei stracolma di bellezze
come un ramo nel mese di maggio…
Una rosa che rievoca quella aulentissima di Ciullo d’Alcamo fin troppo piena di bellezze come un ramo di maggio fiorito.
E chi questa nota ha redatto, colpito dalla scomparsa della compagna ritorna a poetare e a riscoprire la sua bellezza.
La bellezza della consorte,
veniente dalla leggendaria
di lauri Lucania, emergeva
da quella sua giammai
lacrimata sofferenza e da quella
sua costante singolare laboriosità.
E fu insieme al suo compagno
per essere 4 lustri e passa.
E dopo il sangue, una rosa.
selvatica luce in questa pian.
veneta. Ora nella casa. da te agognata,
il freddo non dissimile a quello tra
le macerie belliche e alla terra
che ti avvolse in un grigio autunnale.