(di Bulldog) E’ dal 1985 – dal referendum sulla scala mobile clamorosamente bocciato dagli Italiani che scelsero di sconfiggere l’inflazione e le farlocche teorie economiche dei confederali – che la CGIL non ne imbrocca una. In tutti questi anni, non sembra che siano migliorate le condizioni dei lavoratori dipendenti né, tantomeno, la sicurezza sul lavoro. Non sembra che il sistema pensionistico sia migliorato (grazie anche al fuoco di fila sindacale contro la riforma DeMichelis che avrebbe salvato i conti degli Italiani). Non sembra che ci sia persino un futuro per la manifattura italiana distrutta dalla globalizzazione voluta dalla gauche.
Perchè di questo tracollo, i sindacati – e la CGIL che ne guida la componente più barricadera in questi giorni – non sono stati spettatori passivi. Hanno dominato in lungo e in largo nell’INPS e nell’Inail; hanno riempito la politica di loro esponenti che in più riprese hanno tolto la sera la giacca del sindacato per indossare la mattina successiva quella di capo di partito o di parlamentare. Hanno tenuto ottime relazioni con quella parte dell’imprenditoria che pur di avere le mani libere nelle proprie fabbriche (talvolta persino distruggendole) ha schierato la propria stampa al servizio delle battaglie della Trimurti. Hanno combattuto tutti i manager che volevano cambiare le regole del gioco e ridare dignità al lavoro.
Hanno applaudito alla trasformazione di India e Cina nella manifattura mondiale anche se questo voleva dire erodere diritti dei lavoratori (del terzo mondo, ma pur sempre lavoratori), distruggere l’ambiente riempiendo il mondo di prodotti pericolosi e distruggendo il lavoro italiano. Hanno marciato più ai gay pride che ai picchetti dei lavoratori e dei padroncini sconfitti dall’economia reale che non crede più nell’Italia come zona di interesse per avviare o mantenere imprese…
La CGIL è stata al governo di questo Paese, assieme ai partiti della sinistra, per un ampio lasso di tempo recente della storia repubblicana. Al posto del consociativismo avrebbero potuto portare avanti le istanze di un lavoro meglio pagato; di una scuola davvero formatrice che garantisse alta qualità anche per i diplomati degli istituti professionali. Poteva proporre misure per migliorare la competitività, per sviluppare le infrastrutture, per varare il salario minimo garantito, per nuove norme per la sicurezza, per le pensioni, per la sanità pubblica…tutto quello che oggi si chiede con violenza ad un Governo che non aveva il salario minimo nel suo programma elettorale.
Un governo che la pensa diversamente dalla CGIL, che è stato votato per questo da un numero di Italiani maggiore di quelli che, invece, aderiscono al sindacato di Maurizio Landini. Perchè Giorgia Meloni dovrebbe fare quello che Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi non hanno voluto fare? Tre di questi premier hanno la CGIL nelle fondamenta del loro partito, il PD.
Ma ora bisogna rivoltare l’Italia come un guanto. Bruciare le effigi dei nemici. Fermare gli strumenti musicali a favore di telecamere…Una rivoluzione promessa da Landini che però andrà fatta il venerdì, attaccando lo sciopero al weekend o alla prossime vacanze di Natale (15 quelli indetti questo mese…). Rivoluzionari sì, ma non a tempo pieno. Aveva ragione Alberto Radius…