(di Paolo Danieli) ‘Je suis partout‘ era un periodico francese pubblicato tra il 1930 e il 1944. Significa, come intuibile, ‘io sono dappertutto‘. Potrebbe essere il motto di Giorgia Meloni, che si muove in continuazione per essere presente ovunque dove serve, che giovedì era a Washington a trattare con Trump la faccenda dei dazi e nel giro di meno di 24 ore è tornata a Roma per incontrare J.D. Vance, il vice del presidente degli States.

Non se ne perde una l’instancabile Giorgia. Tutto si può dire di lei, meno che non sia una stakanovista della politica, una donna che sta dando tutta sé stessa al suo paese. Difficile ricordare un capo del governo che si sia impegnato più di lei. Di primi ministri bravi ne abbiamo avuti: Berlusconi, Craxi, Andreotti, Moro, Fanfani, De Gasperi. Ma nessuno, senza nulla togliere loro, si è speso in modo totalizzante come la Meloni. E non si tratta solo del suo impegno personale e, diciamolo, anche fisico, ma della qualità della sua aziona politica. E quando si mette assieme qualità e impegno i risultati arrivano. Il riconoscimento generale che sta riscuotendo anche all’estero ne è la prova.
Poi si può condividere o meno quello che dice e quello che fa. Ma che da quando lei si muove sulla scena internazionale l’Italia ne abbia guadagnato in peso politico è fuori dubbio.

E con la Meloni sale anche l’Italia
Altro dato che gioca a suo favore: parla fluentemente l’inglese e non ha bisogno di interpreti. E questo le rende più facile i rapporti. Ha conquistato Trump e la stampa americana. E con lei l’Italia, che sulla scena internazionale ha sempre avuto un ruolo secondario, acquista importanza. S’è accordata con il presidente americano di organizzare a Roma un incontro con l’Ue per non oscurare completamente la von der Leyen, precisando di non poter concludere accordi a nome dell’Unione europea. Ma intanto è lei a condurre le danze, come dimostra anche l’incontro di ieri con il vicepresidente americano Vance non appena tornata in Italia.
La sua crescita di ruolo è anche facilitata dalla vicinanza politica con Trump, anche lui di destra, con cui condivide le posizioni sull’immigrazione e la critica del mainstream globalista. Dal presidente americano la separa ancora il rapporto con Zelensky, al quale la Meloni ha rilevato qualche abbraccio di troppo. Ma c’è da scommettere che lo utilizzerà per mediare fra la posizione bellicista di Macron e von der Leyen e quella volta a ottenere la pace in Ucraina dell’amministrazione americana.