Sabato 30 alla sala Ater il centro culturale L’Officina ha organizzato la presentazione del libro di Marco Rizzo “Riprendiamoci le chiavi di casa. Manifesto per un sovranismo popolare oltre la destra e la sinistra”. L’autore ha parlato davanti ad un pubblico numerosissimo, attento, composito, presenti politici veronesi di diversa estrazione. Assieme a Marco Rizzo, Stefano Valdegamberi, Giovanni Perez e Paolo Danieli. Tutti d’accordo nella necessità di superare le categorie ‘destra/sinistra’ per riappropriarsi della sovranità reale e del futuro nostro e dei nostri figli.

Riprendiamoci le chiavi di casa. Marco Rizzo a L’Officina

(di Giovanni Perez) Noi stiamo vivendo, per lo più senza averne piena consapevolezza, momenti storici gravidi di futuro. Purtroppo, di un futuro in cui si disegnano scenari che provocano inquietudine o, quanto meno, grande preoccupazione. Ricorrendo alla celebre metafora, siamo come all’ascolto di quell’orchestra che suonava per gli ignari viaggiatori del Titanic, motivetti allegri mentre di lì a poco sarebbe avvenuto il fatale impatto con l’iceberg che ne provocò il tragico naufragio. 

Stiamo viaggiando verso un futuro la cui lettura, per essere libera da pregiudizi, necessita di uno sforzo intellettuale che comporta inevitabili sacrifici, che non tutti riescono ad accettare. Ma vi sono domande alle quali nessuno potrà sfuggire: Il destino di questo nostro mondo, di questa nostra Europa, dell’Italia di cui siamo figli, da chi sarà deciso? E con quali obiettivi? Che cosa saranno queste nostre comunità tra venti o trent’anni? In quale mondo vivranno i nostri figli e nipoti?

Riprendiamoci le chiavi di casa. Marco Rizzo a L’Officina

È un dato di fatto che i tentativi di soluzione di queste domande vedono aggregarsi uomini e idee che, da un certo punto di vista, dovrebbero necessariamente contrapporsi ed escludersi, collocandosi, per usare la terminologia più diffusa, in una destra e in una sinistra, ossia nei due contenitori dove riversare anche coloro le cui ideologie, le cui utopie e illusioni, sono state sconfitte nel 1945 o nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino.

Ma oggi la storia ha preso direzioni solo qualche decennio fa inimmaginabili, che necessitano perciò di uno sforzo di analisi coraggioso e controcorrente. Io non sono tra coloro che intendono, come si suole dire, buttare via il bambino con l’acqua sporca, perché ogni identità etica, politica o culturale, a destra come a sinistra, vanno considerate come delle reti da pesca, capaci di catturare alcuni pesci, con la consapevolezza che quelli più piccoli inevitabilmente sfuggono e quelli troppo grandi rischiano di distruggere quella rete stessa. Ognuno è portatore della rete che più risponde alla propria personale visione dell’uomo e del mondo, come Adriano Romualdi mi ha insegnato quando avevo vent’anni e alla cui consegna intendo restare fedele, ma non acriticamente, per cui anche quella mia rete necessita di costanti verifiche e adattamenti.

L’Officina per il superamento della categorie ‘destra/sinistra’

E così veniamo all’ultima, provocatoria iniziativa de L’Officina, che è, appunto, un’officina di pensiero e di elaborazione culturale e politica, grazie ad un’intuizione di Paolo Danieli, per cui è stato invitato a ragionare sull’attualità e sul nostro futuro, Marco Rizzo, suscitando interesse, curiosità e destando in qualcuno anche certi motivi di perplessità e scandalo: “Ma come è possibile”, hanno detto questi ultimi, per noi, che siamo di destra, dialogare con un comunista non pentito, con uno che non manca mai di strizzare l’occhiolino addirittura a Stalin, quello delle famigerate «purghe» e dell’«arcipelago gulag»?”. E invece, replico, ciò è possibile, anzi doveroso e necessario, perché non ci sono più reti abbastanza robuste per catturare i pesci più grandi, che infestano i nostri mari e dove si agitano sempre più vorticosamente, provocando per tutti noi problemi giganteschi.

Riprendiamoci le chiavi di casa. Marco Rizzo a L’Officina

La sala, in cui si è svolta la presentazione della lunga intervista di Fabio Dragoni a Marco Rizzo, pubblicata nel libro intitolato Riprendiamoci le chiavi di casa, era gremita. Il libro reca come sottotitolo: “Manifesto per un sovranismo popolare oltre la destra e la sinistra” e spazia per una molteplicità di temi, il cui filo conduttore sta, da una parte, nella denuncia di quel “sovranismo di cartone”, che, del vero sovranismo popolare, altro non è che una pessima caricatura e, dall’altra parte, nell’individuazione dell’autentico «nemico principale» dei popoli e delle nazioni europee, in quelle élites finanziarie e globaliste che, oramai non solo da dietro le quinte, spadroneggiano e decidono il nostro futuro senz’alcuna investitura democratica, per il proprio esclusivo tornaconto.

Riprendiamoci le chiavi di casa. Marco Rizzo a L’Officina

Per restare alla metafora della rete, la destra e la sinistra attuali hanno entrambe le maglie sempre più elastiche e fanno passare soltanto ciò che in un certo momento maggiormente interessa loro, dicendo tutto e il contrario di tutto, a seconda di quando si è al governo o all’opposizione, tradendo il mandato degli elettori, pur di conservare il potere. Così facendo, quelle due finte famiglie politiche sono l’una sempre più funzionale e simile all’altra, in un gioco delle parti che salvaguarda le fondamenta dell’intero sistema. 

Nell’attuale contingenza storica, si tratta perciò di definire le maglie di una nuova rete, capace di interpretare e catturare un presente sempre più complesso ed incerto, di capire, giusto per fare un esempio, i reali contenuti della cosiddetta Agenda 2030 o le dinamiche degli attuali scenari geopolitici, aprendosi al contributo di chiunque, poco importa la sua provenienza ideologica, perché la posta in gioco è troppo alta per restringere l’orizzonte al proprio piccolo giardino di casa.

Se qualcuno ancora evoca il materialismo storico marxiano, vorrà dire che sarà nostro compito quello di apportare il contributo di un ulteriore punto di vista, raddrizzando e alzando il tiro verso obiettivi stabiliti in comune. Lo stesso può valere per la questione epocale dei flussi migratori verso l’Europa, che noi non riduciamo al semplice aspetto della tenuta sociale e economica, ma implica la denuncia del progetto di disintegrazione della nostra civiltà nei suoi fondamenti bimillenari, compromettendo proprio l’idea di identità spirituale di quei popoli ai quali si dice di restituire la sovranità.

Difficile, anzi, impossibile prevedere il futuro, ma ogni inizio è necessariamente incerto e arduo, ma, da qualche parte, si dovrà pur iniziare. Riassumendo le incertezze del presente e l’atteggiamento da assumere verso di esse, ricorrendo alle parole sempre attuali del grande storico dell’arte Jacob Burckhardt e più volte riformulate, anche da Gramsci, giusto per restare in tema, si tratta ad ogni «pessimismo della visione del mondo» e dell’intelligenza, di contrapporre ancora una volta l’«ottimismo del temperamento» e della volontà.