(di Elisabetta Gallina) Spetterà a Verona ospitare l’8° Congresso Nazionale della SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana) dal titolo “Il tempo nella riproduzione” (8-9-10 maggio in Camera di Commercio). Un evento di portata internazionale che mette al centro una questione sempre più cruciale. Con sempre più connotazioni sociali oltreché mediche: il tempo, nelle sue implicazioni biologiche, cliniche, sociali e politiche, come fattore determinante nei percorsi di fertilità. Dagli ultimi dati emersi, il ricorso al supporto medico specialistico nella ricerca di figli riguarda almeno 1 coppia su 5. Usando la definizione dell’OMS una coppia, in assenza di patologie pregresse conosciuta, viene considerata infertile dopo due anni di ricerca prole senza concepimento. Un anno senza test positivi sarebbe già indicativo secondo numerose comunità scientifiche mondiali. E, nel caso servisse come inciso per comprendere l’entità del fenomeno, quella italiana è la popolazione con la natalità più bassa di tutta Europa.

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Con oltre 300 esperti tra ginecologi, biologi, psicologi, genetisti, giuristi e nutrizionisti, il congresso affronterà il tema in chiave profondamente interdisciplinare. Il razionale dell’evento è chiaro: nella società contemporanea, la genitorialità è sempre più spesso rimandata per ragioni personali e professionali. Questo ritardo, però, si scontra con i limiti biologici della fertilità, in particolare femminile, e con un sistema sanitario non sempre in grado di rispondere tempestivamente ai bisogni. Oggi, l’età media al primo figlio in Italia supera i 32 anni, e una donna su cinque non ha figli. Ma a 35 anni la fertilità femminile è già ridotta del 50% rispetto ai 25, e dopo i 40 il rischio di infertilità o aborto spontaneo si impenna. Dati noti, ma troppo spesso ignorati da istituzioni e opinione pubblica.

Il congresso mostrerà come il tempo sia un fattore trasversale: dalla qualità ovocitaria, che declina con l’età, alla tempestività dell’accesso alla PMA (acronimo di Procreazione Medico Assistita, nel territorio veronese divisione presente all’interno dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento più il Centro per lo Studio della Fertilità di Coppia all’Ospedale Sacro Cuore di Negrar), fino ai tempi delle decisioni politiche. Focus specifici saranno dedicati al tempo biologico dell’endometrio, della “finestra riproduttiva” condizionata dall’endometriosi, della criopreservazione in oncologia che arriva spesso fuori tempo massimo.

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Preoccupano, inoltre, le liste d’attesa per i percorsi pubblici PMA (a carico del SSN a fronte di conclamata infertilità), che in alcune regioni superano i 12 mesi. Un paradosso, considerando che ogni mese conta. E mentre la medicina corre – con l’uso dell’intelligenza artificiale per la selezione embrionaria o nuovi protocolli di stimolazione – la politica rallenta. Tra gli argomenti in programma, l’impatto dell’età sull’endometrio, sul miometrio e sulla qualità ovocitaria, ma anche l’influenza di stili di vita e fattori ambientali sulla fertilità. Centrale anche il tema dell’endometriosi, patologia invalidante che, se diagnosticata in ritardo, compromette non solo la salute ma anche le chance riproduttive. Una sessione significativa sarà dedicata alla genitorialità dopo il cancro, con focus sulla crioconservazione e sul supporto psicologico post-terapia. Si parlerà inoltre del “tempo della politica”, mettendo in evidenza la distanza tra i bisogni reali delle persone e la lentezza decisionale delle istituzioni, tra liste d’attesa infinite, mancanza di campagne informative e l’urgente necessità di nuove linee guida.

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Spazio anche ai giovani ricercatori, all’educazione alla sessualità, al ruolo della genetica, all’impatto della dieta e dell’ambiente sulla funzione riproduttiva. Non meno centrali i dati ambientali: secondo alcune evidenze scientifiche, l’esposizione prolungata a interferenti endocrini e microplastiche comprometterebbe la motilità spermatica e la qualità ovocitaria. Persino i turni di lavoro notturni alterano la produzione di ormoni steroidei, con impatti misurabili sulla fertilità.

In ultima, colpisce il dato sociale: il “tempo dei genitori anziani”, del paradosso dei “nipoti senza nonni” e dell’Italia che invecchia senza politiche attive per la natalità. L’educazione alla salute riproduttiva passerà anche dalle scuole e dalle università? Forse, sentirne parlare già in età formativa, aiuterebbe i futuri adulti a superare le reticenze presente ancora oggi in molte coppie che nemmeno considerano l’“aiuto medico” ma lasciano carta bianca al fato che spesso, pure con tutti gli astri a favore, nulla può. Solo alcune delle domande a cui SIRU cercherà di dare delle risposte per stimolare il dibattito e la conoscenza.