(Testo e foto di Claudio Beccalossi) Blitz di un drappello di “Bruciamo tutto” e “Ribellione animale” nel Villaggio contadino di Coldiretti in piazza dei Signori, nell’ultimo giorno delle Piazze dei Sapori, 23ª Edizione della mostra mercato dei prodotti tipici della tradizione enogastronomica italiana, promossa da Confesercenti Verona e con location anche in piazza Bra e via Roma.
Con un intervento diretto e nonviolento (che i due gruppi hanno definito “azione intersezionale che prova ad unire le tematiche transfemministe a quelle antispeciste, portando il tema di come i corpi femminili (umani e non umani, cioè animali), per motivi differenti, sono oggettificati e/o schiavizzati”), quattro giovani, più una quinta rimasta in disparte dopo l’urlo corale d’inizio della performance, si sono piazzati davanti a un banchetto di vendita di formaggi.
Gli attivisti hanno spiegato dapprima i motivi della loro irruzione non autorizzata: “Siamo qui per dire basta allo sfruttamento delle madri umane e non umane!”. Poi hanno esposto un cartellone con la scritta “Le madri non sono macchine da (ri)produzione”, facendo riferimento alla Festa della mamma . “Oggi non c’è niente da festeggiare. Le mamme umane e non umane subiscono costantemente violenza e sono viste come macchine da produzione e da riproduzione”.


L’obiettivo dichiarato è andar contro “la cultura specista e patriarcale che si basa sullo sfruttamento dei corpi femminili”. Tutti non veronesi gli attivisti. I dettagli li ha forniti “Mash”, milanese come Alessandra: “L’azione è stata condotta dalla bresciana Vale o Valeria, comparsa solo pochi istanti al momento dell’urlo d’esordio, facendo poi da supporto per foto e video perché non può rischiare denunce. E dalla vicentina Giulia e da un’altra Giulia, bolognese“.
“Madri, non macchine da (ri)produzione”
Sono tutti militanti di “Bruciamo tutto” e “Ribellione animale”. A questo link, sul sito www.bruciamotutto.org, spiegano che si tratta di un movimento di disobbedienza civile nonviolenta, transfemminista e di liberazione. “Nasce ufficialmente a marzo 2024 dalla necessità di porre fine a un sistema patriarcale che opprime, molesta, stupra e uccide le persone socializzate come donne e le identità queer. Il nostro nome nasce dalle parole di Elena Cecchettin: «Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto».
Queste due parole richiamano un fuoco che si trova dentro ognunə di noi: il fuoco della rabbia per un’oppressione che va avanti da millenni, colpendo una generazione dopo l’altra; il fuoco che vuole giustizia. Quello che ricerchiamo è il nostro fuoco trasformativo: un fuoco che non bruci per distruggere, bensì per rinnovare”.
A sua volta il sito www.italy.animalrebellion.org sottolinea di essere “un movimento di massa che utilizza la disobbedienza civile non violenta per realizzare una transizione verso un sistema alimentare a base vegetale giusto e sostenibile, al fine di fermare l’estinzione di massa, alleviare i peggiori effetti del collasso climatico e garantire giustizia per gli animali”. Durante la loro improvvisata i giovani si sono dovuti confrontare con gli organizzatori e gli operatori che li hanno accusati d’intralciare l’approccio di clienti e visitatori.
Blitz e resistenza passiva, poi arriva la polizia
Una signora ha strappato il cartellone dalle mani dei ragazzi e questi, dopo averlo ricomposto, si sono risistemati ancora a terra gridando i loro slogan. Avvicinati per l’identificazione da due agenti della Digos in borghese, i quattro attivisti sono poi stati prelevati di peso, facendo appunto resistenza passiva, da poliziotti intervenuti con un paio di volanti e da qui portati in questura. Durante l’operazione di fermo si sono levati applausi e fischi, ma anche qualche espressione di solidarietà con i dimostranti.
La singolare manifestazione, durata circa un’ora e mezza (dalle 11.30 alle 13), ha infiammato gli animi degli aderenti all’iniziativa di Coldiretti, in qualche caso tenuti a freno prima che la situazione degenerasse. Nei confronti dei quattro propagandisti è stata applicata l’inosservanza (con la relativa circostanza di essere contravventori) a quanto prevede l’art. 18 del Tulps, il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza: “I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico, devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore”.