(di Elisabetta Gallina) Sempre meno figli e sempre più tardi. Una questione di “tempo” nelle sue implicazioni biologiche, cliniche, sociali e politiche. Un fattore determinante nei percorsi di fertilità intrapresi da circa una coppia su quattro. È stato questo il tema analizzato nei giorni scorsi a Verona durante l’8° Congresso Nazionale della SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana) fondata da ginecologi, biologi e giuristi. Un fenomeno quindi meritevole di conoscenza analitica, oltre i falsi miti, le visioni e le terapie miracolose, spesso divulgate da sedicenti guru social. Presidente dell’Area Ginecologica Siru, la prima Società essere accreditata dal Ministero della Salute, è il dott. Guglielmo Ragusa. Una lunga carriera iniziata al Centro di Infertilità del San Paolo di Milano, negli ultimi tre anni responsabile dell’Unità di Procreazione Medicalmente Assistita e Preservazione della Fertilità dell’Ospedale della Donna e del Bambino a Borgo Trento.

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I tre presidenti Siru. Da sx, Ernesto Fina (andrologo), Paola Piomboni (biologa) e Guglielmo Ragusa (ginecologo)


Dottore, come si spiega la popolazione italiana con la più bassa natalità in Europa?

“Le cause sono molteplici, sicuramente la posticipazione della gravidanza che ovviamente crea già di per sé un maggior numero di coppie infertili sia per biologia che per accumulo di noxae patogene di qualsiasi tipo. Nel corso del congresso abbiamo parlato a lungo sulla correlazione tra fertilità, stili di vita e inquinanti ambientali, come possono essere pfas nell’acqua, estrogeni nella carne, pm 10 nell’aria, eccesso di alcol o fumo. Più si posticipa più questi “accumuli” pesano sull’organismo, sia femminile che maschile. Sulla donna matura, in particolare, si presentano con più facilità fibromi, endometriosi, problemi tubarici, infezioni pelviche. Le problematiche, come detto, sono tante. Ce ne sono alcune che sfuggono ma che contribuiscono all’inverno demografico, come la scarsa frequenza dei rapporti sessuali. Un dato ISTAT del 2018 ci dice che sotto i quarant’anni le coppie che hanno scarsa frequenza di rapporti annuali – da contare sulle dita di una mano – sono intorno al 18%. Capiamo che con questi numeri parlare di infertilità è difficile, perché quattro tentativi l’anno non significano infertilità, ma mancanza reale di ricerca prole”.

…quanti persone riguarda il fenomeno?

“Un report recente dell’OMS rileva nel mondo circa un 18% di coppie infertili, ovvero con almeno due anni di ricerca prole senza concepimento. In Italia le nuove coppie che arrivano nei centri sono circa 70/80.000 l’anno. Se pensate che i matrimoni e le nuove convivenze sono ormai meno di 300/320.000 l’anno, il dato si traduce facilmente parlando di almeno 1 coppia su 4 che necessita di percorsi medicalmente assistiti“.

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Il congresso SIRU, che ha chiamato a raccolta a Verona gli specialisti della riproduzione, cade in un momento storico particolare.

“Abbiamo finalmente visto l’entrata in vigore dei nuovi Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) che finalmente includono anche la procreazione medicalmente assistita (Pma), omologa ed eterologa. Prima d’ora, buona parte delle regioni del Centro Sud non avevano mai erogato questo servizio in regime di SSN costringendo di fatto le coppie a poter scegliere solo centri privati o tentare percorsi di Pma pubblica nei centri convenzionati diciamo da Roma in su. Lo scorso gennaio è stato raggiunto questo importante traguardo per cui cure e prestazioni per la Pma saranno garantite dal Ssn in tutto il territorio italiano, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket (determinato dalle singole Regioni). Sia la fecondazione eterologa, ovvero quella in cui si utilizzano gameti esterni alla coppia, sia quella omologa, che prevede l’uso di gameti appartenente alla coppia, saranno così alla portata di tutte le coppie infertili”.

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Un momento del congresso SIRU in Camera di Commercio


Nel 2025 quanti tabù ci sono ancora da infrangere?

“Un’infinità di tabù. Molte coppie non dicono nulla nemmeno ai parenti sui percorsi di fecondazione assistita che stanno affrontando, meno che mai per procedure considerate tra virgolette ancora più, come dire, scabrose o problematiche. Raccontare, per esempio, di essere ricorsi a una fecondazione eterologa, cioè con donazioni di gameti (ovociti femminili o seme maschile). Scelta che in Spagna e altre nazioni avviene frequentemente senza alcuna gogna sociale da almeno 30 anni con un equo indennizzo per le donatrici, sulla falsariga dei giorni di riposo per i donatori di sangue o di midollo. Tanti mesi di crucci – drammatici per l’uomo ma anche per la donna nel sentirsi inadeguata – spesso vengono risolti quando le coppie stesse banalmente entrano in contatto con altre coppie nelle sale d’attesa per una visita o un controllo. Semplicemente parlando si capisce di non essere soli, o l’eccezione sbagliata, e la cosa può essere superata con più leggerezza. Ci sono psicologi capaci di indirizzare le coppie in questa scelta molto personale dove, ricordiamo, la donna porterà in grembo questo bimbo e, grazie all’intervento dell’epigenetica, sarà comunque in grado di forgiare sotto tanti aspetti il bimbo in arrivo”.

Si parla sempre più di Pma umanizzata. Cosa significa?

Per umanizzare necessiteremmo avere molto più tempo da dedicare alle coppie, quello che gli inglesi chiamano “medicina narrativa”. Già nella nostra disciplina significa prendere in carico due anamnesi, donna e uomo. La gestione, poi, dei tempi nei protocolli pubblici è complicata perché più si allungano e più si dilatano anche le liste d’attesa. Calcolate che un anno di ritardo riduce dell’8-10% le possibilità di gravidanza con i trattamenti di Pma, dall’altra c’è la prova che il 4-5% di coppie riesce a ottenere la gravidanza spontaneamente. Quindi, a volte basta soltanto dare degli indirizzi, dei consigli e qualcosa succede. L’umanizzazione è anche far capire alle coppie che non sono sole, che ci sono altre coppie con gli stessi loro problemi, che non c’è più uno stigma sociale anche sul non-riprodursi”.

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Dal congresso SIRU, dott. Ragusa al centro


Nella stretta attualità anche la discussa sentenza TAR e la nuova proposta di Legge. Sono tanti i temi caldi…

“La sentenza del TAR del 2025 ha segnato un momento importante nel dibattito sulla procreazione assistita in Italia. Il tribunale ha bocciato le linee guida pubblicate nel 2024, perché imponevano regole troppo rigide. Invece di essere semplici consigli per medici e operatori sanitari, come dovrebbero essere, venivano presentate come obblighi da seguire alla lettera. Ma ogni paziente è diverso, e chi lavora in ambito sanitario deve poter scegliere la cura più adatta caso per caso. Tra le critiche principali c’è il fatto che queste linee guida spingevano fortemente verso una tecnica chiamata PGTA, cioè un test genetico sugli embrioni prima dell’impianto, per verificare eventuali anomalie. Tuttavia, secondo molti studi e organizzazioni scientifiche internazionali, questa tecnica non ha dimostrato di aumentare le possibilità di gravidanza. Anzi, negli Stati Uniti alcune coppie hanno fatto causa ai centri che l’hanno consigliata, sostenendo che avrebbe ridotto le loro probabilità di avere un figlio. Inoltre, il TAR ha fatto notare che intorno a questa pratica esiste un giro d’affari milionario, il che solleva dubbi su possibili interessi economici. Un altro punto discusso è l’indicazione di passare alla fecondazione in vitro dopo solo sei mesi di tentativi naturali, mentre la legge italiana – la cosiddetta Legge 40 – prevede un approccio più graduale, cioè passando prima da trattamenti meno invasivi. In questo scenario si inserisce la nuova proposta di legge presentata da Marco Furfaro (Pd). Si basa su un’idea lanciata nel 2024 dalla Società Italiana di Lotta all’Infertilità (SILO) e mira a superare definitivamente le restrizioni ancora presenti nella Legge 40, molte delle quali sono già state in parte cancellate dalla Corte Costituzionale. La nuova proposta è più moderna e inclusiva: permette ad esempio anche alle donne single di accedere alla procreazione assistita, e affida l’elaborazione delle linee guida a società scientifiche, senza bisogno di complicati decreti ministeriali. La proposta tocca anche il tema degli embrioni congelati, oggi presenti a migliaia nei centri italiani. In particolare, si oppone all’idea – avanzata dalla ministra Roccella – di dichiarare questi embrioni “adottabili”, un termine che potrebbe farli considerare persone dal punto di vista giuridico. Ma il Codice Civile italiano dice chiaramente che una persona giuridica è tale solo dopo la nascita. Infine, la proposta vuole chiarire una situazione attualmente poco trasparente: oggi il congelamento degli embrioni è tecnicamente vietato, ma è permesso in casi particolari grazie a una sentenza del 2009. La nuova legge intende eliminare questo divieto, per permettere ai medici di scegliere liberamente cosa è meglio per la salute della donna, sempre nel rispetto della Costituzione e delle evidenze scientifiche. In sintesi, la sentenza del TAR e la proposta di legge vanno nella stessa direzione: tutelare le coppie, difendere la libertà clinica dei medici e aggiornare le regole italiane secondo criteri più moderni, trasparenti e scientificamente fondati“.