(Gianni De Paoli) Da oggi lavoriamo per noi. E non per pagare le tasse. Lo chiamano il giorno della liberazione fiscale traducendo da quello che gli americani chiamano tax freedom day. Lo ha calcolato la CGIA di Mestre. In teoria fino a ieri tutti abbiamo lavorato per pagare Irpef, Ires, Irap, Iva, addizionali, contributi, tasse locali e compagni cantante.
156 giorni di lavoro lavorati per pagare la macchina pubblica che dovrebbe permetterci di curarci quando ci ammaliamo, di andare a scuola/università, di avere dei trasporti pubblici efficienti e di vivere sicuri.
Da oggi invece, sempre in teoria, lavoriamo per noi stessi e per le nostre famiglie. Un’immagine che serve tanto per dare l’idea di quanto pesi su ciascuno di noi il fisco.
Per calcolarlo la Cgia ha preso il Pil previsto per il 2025 che è di 2.256 miliardi e lo ha diviso per 365 giorni ottenendo il Pil giornaliero che vale 6,2 miliardi. Hanno calcolato in 962,2 miliardi quello che verseremo allo stato ed hanno diviso il dato per il Pil giornaliero ottenendo il risultato di 156 che corrisponde al 6 giugno.

E’ con Berlusconi che abbiamo pagato meno tasse
L’anno in cui abbiamo pagato meno trasse è stato nel 2005, con Berlusconi, quando la pressione fiscale scese al 38,9%, 3,8 pur ti in meno di oggi. Quello in cui ne abbiamo pagate di più è stato il 2013, con il governo Monti e Letta in cui la pressione arriva al 43,4 %.
La pressione fiscale oggi è al 42,7%, lo 0,1 in più dell’anno scorso.
Sfuggono ai calcoli i lavoratori in nero e gli evasori totali che l’Istat nel 2022 ha stimato essere quasi 2,5 milioni. Sio calcola che in Lombardia siano 379.600, 319.400 nel Lazio e 270.100 in Campania.
Se in Italia sono stati necessari 156 giorni per pagare tutte le imposte, le tasse e i contributi, in Danimarca ne hanno lavorato 166 giorni, in Francia e in Belgio 165, in Austria 164 e in Lussemburgo 157.
La media UE è stata di 148 giorni, mentre in Germania è stata di 149 e in Spagna di 136 giorni.