Un riconoscimento ufficiale, nuove prospettive di carriera, parità nelle borse di studio e più ricerca: sono questi i pilastri della proposta di legge statale per la specializzazione universitaria in Medicina generale, promossa dal gruppo consiliare del Partito Democratico in Consiglio regionale del Veneto e approvata all’unanimità a palazzo Ferro Fini. Un passaggio che potrebbe segnare un’importante svolta per il futuro della professione medica di base, sempre più centrale nel sistema sanitario nazionale ma oggi afflitta da carenze di organico, poca attrattività e tasso di abbandono formativo in crescita.
A presentare i contenuti della proposta e le prospettive aperte dal voto, la vicepresidente della Quinta commissione sociosanitaria Annamaria Bigon, affiancata dalla capogruppo Vanessa Camani e dalle consigliere Chiara Luisetto e Francesca Zottis, tutte componenti della commissione stessa. Obiettivo dell’iniziativa è trasformare la Medicina generale in una scelta di valore e non di ripiego, equiparando il percorso formativo e le opportunità professionali a quelle delle altre specializzazioni mediche.
“Il 41% dei posti nei corsi di formazione per la Medicina generale oggi rimane scoperto – ha dichiarato Bigon –. È un dato che impone un cambio di passo urgente. La Medicina generale è il cuore della sanità territoriale: i medici di famiglia seguono il cittadino fin dalla giovane età, fanno prevenzione, gestiscono le cronicità e riducono l’afflusso in Pronto soccorso. La nostra proposta vuole parificare le borse di studio, valorizzare la formazione già svolta e soprattutto garantire percorsi di carriera e di ricerca, oggi del tutto assenti”.
Vanessa Camani ha sottolineato come questo risultato sia stato raggiunto “attraverso l’ascolto e il dialogo con la categoria. I medici di base sono l’architrave del sistema sanitario e questa legge è un primo passo concreto per colmare anni di inadempienze da parte della Giunta regionale”.
Sulla stessa linea, Luisetto e Zottis hanno ribadito l’importanza di garantire equità di accesso alle cure a partire dal territorio. “Bisogna mettere i medici nelle condizioni di lavorare con serenità – ha aggiunto Zottis –. Servono percorsi formativi solidi e una strutturazione più adeguata della professione”.
Anche gli ordini professionali e i sindacati medici hanno espresso apprezzamento per l’approvazione della proposta. Cristiano Samueli, dell’Ordine dei medici di Venezia, ha auspicato un coinvolgimento diretto nella futura fase attuativa, mentre Paolo Sarasin, anch’egli dell’Ordine veneziano, ha evidenziato come questa iniziativa possa contribuire a cambiare la percezione che i giovani medici hanno della Medicina generale: “Serve renderla una scelta competitiva, perché è fondamentale per l’intero sistema”.
Il segretario Fimmg Veneto Giuseppe Palmisano ha parlato di “un bel passo avanti” per valorizzare una professione in difficoltà, aggravata da burocrazia e carichi di lavoro crescenti. “La nostra scuola di formazione ha una lunga tradizione – ha detto – ma oggi più che mai occorre un riconoscimento ufficiale, perché i giovani colleghi non vedono più in questo mestiere una prospettiva”. Ha poi ricordato come il sindacato sia quotidianamente impegnato a “garantire sicurezza e sostenibilità del lavoro, anche attraverso la semplificazione delle procedure amministrative”.
Infine, Giovanni Leoni, presidente CIMO Veneto, ha ribadito la necessità di una formazione quadriennale universitaria, al pari delle altre specializzazioni, sottolineando anche la necessità di “ridurre i codici bianchi al Pronto soccorso” e migliorare la gestione delle liste d’attesa.
Chiude il quadro Guglielmo Frapporti, medico di famiglia, che ha parlato della scuola veneta come di “un patrimonio regionale” e ha invitato le università a raccogliere la sfida: “La nuova specializzazione può essere l’occasione per formare medici competenti non solo nel saper fare, ma anche nel saper essere”.
La proposta, approvata in sede regionale, attende ora il passaggio parlamentare per diventare legge dello Stato. Una tappa fondamentale per ridare centralità, prestigio e futuro a una figura medica decisiva per la salute pubblica.
