Per tirare la volata a Valdegamberi ed alla Lega
Il generale ed eurodeputato Roberto Vannacci, e leader del movimento ‘Il mondo al contrario’ alle scorse elezioni europee ha dato un apporto di ben mezzo milione di voti alla Lega in un momento abbastanza critico. Matteo Salvini lo ha nominato vice-segretario del partito.
Oggi Vannacci è a Verona per la campagna elettorale, dov’è venuto a sostenere la candidatura di Stefano Valdegamberi. L’Adige lo ha incontrato e gli ha fatto alcune domande, alle quali il generale ha risposto con la consueta chiarezza.
La prima domanda che gli abbiamo posto riguarda l’astensionismo. E non a caso, perché le sue posizioni politiche fuori dal coro possono essere un buon gancio per quegli elettori che hanno smesso di andare a votare.
La gente va a votare sempre meno. Come spiega, generale Vannacci, il crescente assenteismo elettorale?
«L’assenteismo elettorale è una piaga che mina le fondamenta della nostra democrazia. Un lusso che non possiamo permetterci in un Paese come l’Italia. Personalmente, vedo nel non voto una forma di resa, un abdicare al dovere civico che lascia campo libero a chi, invece, trama per svuotare di contenuto la nostra Carta costituzionale.
I motivi di questo assenteismo dilagante sono molteplici. Pensate al concetto demagogico dei 5 Stelle, quel “uno vale uno” che suonava tanto bene in campagna elettorale ma rivelatosi poi una farsa: una pretesa di democrazia diretta che ha finito per esaltare l’ignoranza, trasformando il Parlamento in un’arena di dilettanti allo sbaraglio, senza competenze né responsabilità».
Espressione di un nuovo qualunquismo?
«Il trionfo del qualunquismo, dove la rappresentanza di chi non sa diventa eguale a quella di chi ha studiato, è competente e magari ha servito lo Stato per una vita. E non dimentichiamo la “dittatura” del Covid, con quei DPCM che, de facto, hanno esautorato il Parlamento, sospendendo la sovranità popolare. Decretavano chiusure, coprifuoco e restrizioni con un tratto di penna, bypassando il dibattito democratico, i controlli delle Camere, il cuore pulsante della volontà dei cittadini, nonché la nostra Costituzione»
Quindi una delle sue principali preoccupazioni è l’astensionismo?.
«Astenersi dal votare è come essere il padrone di una dimora ereditata dagli avi, con mura e arredamenti ricchi e carichi di storia. Un giorno, estranei abusivi vi si installano: ridipingono le pareti a loro gusto, spostano i mobili e decidono chi entra, ignorando il vostro nome sulla porta. Delusi dal degrado, potreste voltare le spalle: “se ne occupino loro”. Ma questo è l’errore fatale dell’assenteismo, ovvero cedere la propria eredità ai più furbi e chiassosi, trasformandola in un covo di interessi altrui, con tetti che sgocciolano e fondamenta che crollano.
Eppure, capisco la frustrazione: non c’è un’alternativa pura che soddisfi l’elettore in toto!
Ma non votare è un errore colossale, perché non esiste il “partito del non voto” che delegittima gli eletti seppur da una minoranza della popolazione. L’astensione premia solo i populisti della sinistra globalista che odiano la nostra Patria. Invece di indugiare nell’inerzia, dobbiamo mobilitare l’elettorato, proporre soluzioni concrete, magari con nuove aggregazioni che riscoprano i principi repubblicani. Il voto è l’arma più affilata e spietata contro il malgoverno che ogni cittadino italiano possiede ma che, purtroppo, in molti si rifiutano di utilizzare».
Vannacci. La democrazia funziona sei candidati sono legati al territorio
Quanto è importante per far funzionare la democrazia e le istituzioni scegliere candidati che rappresentino il territorio?
Le persone che rappresentano il territorio sono fondamentali per rappresentare gli interessi dei cittadini. Sono il ponte tra la voce del popolo e le stanze del potere, i guardiani di quella sovranità che la nostra Costituzione pone nelle mani di noi cittadini. Senza di loro, quei territori – fatti di paesi dimenticati, di fabbriche che chiudono e di famiglie che lottano per un futuro migliore – verrebbero schiacciati sotto il peso di una politica centralista e lontana, composta da burocrati che non sanno distinguere un trattore da un emendamento europeo e che non hanno la minima idea del prezzo pagato da ogni famiglia per un kilowattora di energia elettrica.
Ma attenzione: la fiducia non è gratis, ma implica una grande responsabilità dell’incarico ricevuto dai cittadini, che devono valutare giorno per giorno la loro scelta. Non basta un comizio infuocato o una promessa sventolata al vento; serve sudore, presenza, risultati concreti, non chiacchiere da salotto. Il consiglio che mi sento di dare è quello di controllare prima del voto i vostri candidati come un comandante di plotone controlla i propri soldati prima dell’assalto. Solo così tuteleremo davvero gli interessi della Patria, mattone dopo mattone, voto dopo voto.»
Onorevole Vannacci, lei siede al Parlamento Europeo. Anche se le elezioni sono regionali sappiamo bene quanto l’Europa pesi sulla nostra vita di tutti i giorni e soprattutto sull’economia. Come giudica la politica di Bruxelles?
«Le questioni europee non sono astratte elucubrazioni dei tecnocrati di Bruxelles, ma bombe a orologeria che esplodono nelle tasche e nelle case degli italiani, nei nostri territori martoriati da fabbriche che chiudono e famiglie che tirano la cinghia. Prendete le sanzioni alla Russia: un suicidio economico che ci ha resi ostaggi di un gas caro come l’oro, con bollette energetiche alle stelle che strangolano la competitività del nostro sistema produttivo».
Ne sappiamo qualcosa noi in Veneto…
«Le PMI del Nordest, i distretti tessili del Sud, le manifatture che un tempo esportavano ovunque: oggi perdono fette di mercato in Oriente e in Africa, mentre i concorrenti cinesi o turchi ridono di noi, più agili e meno idioti. E le risorse? Sottratte alla sanità che langue – ospedali al collasso, liste d’attesa infinite – e al sociale che implora fondi per i nostri anziani e i nostri giovani senza futuro, per finanziare un riarmo folle, un carrozzone miliardario che risponde più agli interessi delle lobby atlantiste e dei venditori d’armi che alla vera Difesa della Patria.
Se il pericolo è la Russia, la mia posizione è chiara da tempo: ritengo che non rappresenti una minaccia per l’Europa, ma che al contrario dovremmo tornare a dialogare con Mosca. La vera invasione avviene da altre direzioni, da mari e deserti che vomitano orde incontrollate, mentre noi apriamo le porte come servi zelanti, erodendo la nostra identità e la nostra sicurezza senza fare nulla.
Ebbene che i cittadini lo sappiano: le norme europee permeano circa il 70% della nostra produzione giuridica, dal piano nazionale a quello regionale, una imposizione che ci lega mani e piedi, svuotando la sovranità che la nostra Costituzione ha sancito nel sangue degli italiani caduti. È un’occupazione strisciante, che ci impone regole suicide senza che il popolo abbia voce in capitolo. Io mi sento di dire forte e chiaro: basta con questa sudditanza! Riscattiamo la nostra economia, i nostri territori – contro chi ci invade davvero – tornando padroni in casa nostra».

Il binomio Vannacci-Valdegamberi a Verona è ormai consolidato. Com’è nata la vostra intesa?
«Appoggio Stefano Valdegamberi con convinzione, perché lo conosco da tempo e so che è un uomo di parola, temprato dalla terra veneta. Le sue posizioni sono vicine alle mie: sulla guerra in Ucraina e sulla Russia, dove entrambi denunziamo l’ipocrisia di un certo occidente che ci vorrebbe trascinare in un conflitto globale per interessi altrui, invece di portare avanti un dialogo costruttivo che ricerchi la Pace e ristabilisca dei normali rapporti commerciali; sul Green Deal, un abominio ideologico che strangola le nostre imprese con tasse folli e regole suicide, lui come me grida al boicottaggio: basta con questa follia ecologista che uccide l’economia reale per un’utopia da salotto, mentre i cinesi implementano i propri affari.
Ma ciò che mi lega a lui è anche il suo essere un uomo del territorio, radicato nelle valli del Veneto dove si parla cimbro – quella antica lingua germanica, eco di una storia secolare che resiste allo scorrere del tempo – e che si impegna quotidianamente per incentivare l’economia della Regione Veneto, quei distretti industriali che sono il cuore pulsante della nostra ricchezza nazionale.
Vuole sburocratizzare l’amministrazione pubblica, spezzare le “catene formaliste” che soffocano le imprese, gli artigiani, gli agricoltori, le famiglie: non chiacchiere, ma azioni concrete per ridare fiato a un Veneto che non si piega alle follie autocratiche di Bruxelles.
In un mare burocrati accondiscendenti, Stefano Valdegamberi rappresenta un faro di lealtà alla sovranità popolare. Appoggiarlo non è solo una scelta, ma un dovere per chi ama l’Italia e il Veneto».
