(Angelo Paratico) Non ci deve sorprendere il fatto che il presidente Macron sia molto nervoso, e questo non a causa delle battute di Salvini o per le lettere che riceve dall’ambasciatore degli Stati Uniti a Parigi, Kushner.
Il primo ministro François Bayrou ha convocato il parlamento per un voto di fiducia l’8 settembre, scommettendo di poter superare in astuzia un movimento di protesta in forte ascesa, prima che questo paralizzi la Francia. La campagna popolare Bloquons tout, che fa eco ai gilets jaunes e alimentata dall’estrema sinistra, intende bloccare treni, autobus, scuole, taxi, raffinerie e porti. Si tratta di uno sciopero generale a tutti gli effetti, tranne che nel nome.
La mossa di Bayrou mira a riaffermare il controllo prima che il caos prenda il sopravvento, ma con il voto a soli due giorni dall’inizio dello sciopero a tempo indeterminato, un fallimento potrebbe rovesciare il suo governo e scatenare un attacco più ampio all’autorità del presidente Macron. Ieri, La France Insoumise (LFI) di Jean-Luc Mélenchon ha annunciato l’intenzione di presentare una mozione di destituzione contro Macron il 23 settembre se Bayrou dovesse cadere, alzando ulteriormente la posta in gioco. L’incauta mossa di Bayrou aveva lo scopo di guadagnare tempo per Macron. Ma ora minaccia di far saltare la sua presidenza. Al centro di questa crisi c’è l’economia.
Se il governo perderà questo voto di fiducia, l’autorità di Macron crollerà. Potrà anche rimanere all’Eliseo, ma la sua presidenza sarà indebolita in modo irreparabile. La Francia rischia mesi di paralisi, disordini di piazza e turbolenze finanziarie. Il debito della Francia ha superato il 110% del PIL e il buco di bilancio per il 2025 si attesta a circa 47 miliardi di euro.
Prima della pausa estiva, Bayrou ha proposto i tagli alla spesa più drastici di una generazione, in un Paese in cui la spesa pubblica rappresenta quasi il 60% del PIL. I sindacati sono furiosi. I francesi sono dipendenti dalla spesa pubblica e Mélenchon ha trasformato la battaglia sul bilancio in una crociata populista contro il “governo dei ricchi” di Macron, mobilitando la sinistra e invitando i sostenitori a bloccare il Paese se i tagli non saranno cancellati. I veterani dei gilet gialli si stanno preparando a tornare in piazza.

Il Rassemblement National di Marine Le Pen e altri hanno dichiarato che non avrebbero sostenuto il governo. Ieri sera è emerso anche che i socialisti erano contrari a Bayrou, un immediato schiaffo per lui e per Macron. Le Pen ha concluso che non è necessario salvare il primo ministro di Macron per soddisfare le sue ambizioni.
Mentre Bayrou combatte in parlamento, i mercati segnalano che la credibilità fiscale della Francia è appesa a un filo. A metà settembre, quando i numeri saranno sul tavolo e inizierà la battaglia sul bilancio, un declassamento da parte delle agenzie di rating sembra inevitabile. Ciò danneggerà la Francia e sicuramente danneggerà l’Europa. Un declassamento farebbe aumentare i costi di finanziamento, innescando potenzialmente una più ampia ondata di vendite sui mercati europei.
