I veronesi crescono di numero ma anche come età media: nei 43 anni trascorsi dal 1982 a oggi gli abitanti sono aumentati di 150 mila persone, ma gli over 65 sono passati dal 13 al 23% della popolazione. Luci e ombre sul lavoro: la disoccupazione è sì al minimo (oggi è il 2,6%), ma l’inattività rimane al 30% e soprattutto l’occupazione femminile non supera il 62%. La Cisl fa il punto anche sulla crescente presenza di cittadini stranieri e sul nodo delle abitazioni: dal 1971 le case sono raddoppiate ma più di una su cinque non è occupata.
I dati dicono che Verona e il suo territorio presenta indici in molti casi positivi, ma restano e a volte si espandono anche le criticità. Le nascite sono in netto calo, e non possono essere compensate da un’immigrazione che pure ha raggiunto il 12% degli abitanti. Allo stesso modo se la disoccupazione è inferiore al dato regionale, sono troppe le persone che non lavorano e per le donne le barriere all’accesso sono sempre presenti.
La popolazione anziana aumenta sempre più
Su questi elementi il primo commento del segretario generale della Cisl di Verona Gianpaolo Veghini. “Verona è forte, ma non invulnerabile: la crescita economica da sola non basta più”, sottolinea. “Vediamo un mercato del lavoro vivace ma con nuove fragilità: precarietà, difficoltà di reperire personale, salari che non tengono il passo con il costo della vita. Il tema oggi non è solo creare occupazione, ma creare un “buon” lavoro. Sul fronte sociale il calo delle nascite e l’invecchiamento sono una bomba a orologeria”, prosegue. “Servono politiche territoriali per famiglie e giovani, e va riconosciuto il ruolo decisivo della popolazione straniera nella nostra economia”.

Sono alcuni dei numeri più rilevanti dell’istantanea di Verona che emerge dai dati della ricerca del Centro Studi della Cisl di Verona. Lo studio affronta temi di attualità entrando nel dettaglio di varie macroaree: demografia, immigrazione, abitare, lavoro. Verona e la sua provincia si trovano infatti di fronte a sfide complesse come l’invecchiamento della popolazione, la trasformazione della struttura familiare, le criticità legate all’abitare e l’importanza crescente del contributo degli stranieri.
Nel frattempo può però contare su risorse strategiche come il turismo e una distribuzione demografica relativamente equilibrata. La lettura integrata di questi fenomeni è essenziale per orientare le politiche sindacali e le strategie di sviluppo locale. La ricerca offre un’analisi articolata della realtà socio-economica scaligera, mostrando come il territorio veronese non sia omogeneo: esistono differenze significative tra aree centrali, periferiche e turistiche e servono letture territoriali distinte per comprenderne dinamiche e criticità.


DEMOGRAFIA. Dal 1982 a oggi la popolazione della provincia è aumentata di oltre 150 mila persone, arrivando a 927 mila nel 2025. Tuttavia questa crescita nasconde fenomeni rilevanti: l’invecchiamento della popolazione e la diminuzione dei giovani. Sono passati dal 13% al 23% gli over 65, che secondo le previsioni nel 2043 saranno quasi un terzo della popolazione. Cala dunque la fascia in età lavorativa, ponendo interrogativi sulla sostenibilità del sistema sociale e previdenziale.
“Un territorio forte, ma non invulnerabile”
Anche le nascite sono in continuo calo, mentre è alto il numero di famiglie composte da una sola persona, segnando un cambiamento profondo nella struttura sociale. Verona raccoglie la maggior parte della popolazione ed è il polo attrattivo per giovani famiglie che si insediano nei comuni vicini. Al contrario le zone del Lago di Garda e del Basso Veronese registrano un’alta presenza di anziani soli. Rispetto al resto del Veneto la provincia di Verona si distingue per una crescita demografica più diffusa e per una tenuta maggiore anche nelle aree periferiche.

IMMIGRAZIONE. La componente straniera ha avuto un ruolo chiave nella crescita della popolazione, soprattutto tra fine anni Novanta e il primo decennio del 2000. Oggi gli immigrati sono oltre il 12% dei residenti, con una presenza particolarmente giovane e concentrata nei comuni più grandi. Le principali comunità straniere provengono da Romania, Marocco, Sri Lanka e Albania. In alcuni settori lavorativi – agricoltura, costruzioni, logistica – la loro presenza è diventata essenziale.
ABITARE. Il numero di abitazioni nella provincia è più che raddoppiato nei 50 anni dal 1971 al 2021, ma due su dieci (il 20,3%) non sono occupate. Un fenomeno legato sia a seconde case e affitti turistici che a immobili effettivamente vuoti. Inoltre il patrimonio edilizio è in gran parte datato e poco efficiente dal punto di vista energetico: una quota rilevante di abitazioni è ancora in classe G o F. Nonostante le dimensioni medio-grandi delle case, prevalgono nuclei familiari molto piccoli, con oltre 133 mila abitazioni occupate da una sola persona.
LAVORO. Gli ultimi dati ISTAT dimostrano un mercato del lavoro veronese in continuo mutamento: positivo è il tasso di disoccupazione al 2,6%, inferiore sia al dato regionale (che si attesta al 3%) che a quello nazionale (al 6%). Inoltre abbiamo 435 mila occupati, compresi dipendenti e autonomi (un tasso di occupazione del 70,7%) suddivisi nel 52% dei servizi, il 22% dell’industria, il 13% del commercio, l’8% in edilizia e costruzioni e il 5% in agricoltura.

Nel mercato del lavoro locale i lati negativi sono un tasso di occupazione femminile di poco superiore al 62%, un alto tasso di inattività attorno al 30% (che include studenti, pensionati, casalinghe, persone con problemi di salute o coloro che hanno perso la speranza di trovare un impiego o non lo cercano attivamente). Ultimo dato non positivo è che gli occupati in aumento sono quasi unicamente gli over 50 e tendenzialmente maschi.
“La casa è il primo fattore di diseguaglianza”
Il segretario Cisl Veghini estende la sua analisi ripartendo proprio dalle abitazioni, perché, rileva, “la casa sta diventando il primo fattore di disuguaglianza. Nei territori più turistici i lavoratori non riescono a trovare alloggi accessibili. Va ampliata l’offerta e rilanciata la riqualificazione del patrimonio esistente”. E poi guarda al futuro del mercato del lavoro, in particolare alla sfida rappresentata dall’Intelligenza artificiale. “Non possiamo lasciare indietro le piccole imprese locali”, sostiene. “Serve un piano provinciale per le competenze digitali, con formazione e accompagnamento mirato”.
E più in generale lancia un richiamo a tutta la società per un progetto per Verona che ancora non prende forma. “Ribadiamo da tempo che è necessario un patto territoriale per uno sviluppo equilibrato. Sollecitiamo un percorso condiviso tra le istituzioni, le categorie economiche e le parti sociali per migliorare la qualità del lavoro e sostenere giovani e famiglie garantendo un accesso equo alla casa e rafforzando welfare e servizi territoriali. La forza di Verona”, è la sua conclusione, “sta nella sua coesione: è il momento di costruire una strategia comune per affrontare le sfide che ci attendono”.

