Autonomo, smart, non giovane: questo il ritratto del nuovo colletto bianco veneto dopo sei mesi di pandemia

(di Stefano Tenedini) Dipendenti in smart working, in sicurezza e appena possibile: è stata questa in primavera la risposta delle aziende del Nord Est alla pandemia. Una soluzione di emergenza che si spera non debba ripetersi ora con la seconda ondata, ma comunque un modello innovativo per gestire la produzione per orari, obiettivi e per luogo di lavoro. Lo ha confermato la ricerca su più di 500 imprese di tutti i settori e dimensioni delle regioni del Nordest, realizzata da Fondazione Nord Est in partnership con Umana. L’analisi mostra un lavoro in trasformazione su spinta del Covid-19 ma anche per la necessità di migliorare le competenze e le abilità (digitali ma non solo) sempre più richieste ai lavoratori.

Tra gli imprenditori del Nordest, dice la Fondazione, emerge da una parte il clima di forte incertezza che si riflette sulle prospettive future per l’impiego, ma dall’altra “una pronta risposta al nuovo contesto competitivo che può trasformarsi in una revisione dei modelli organizzativi e delle scelte in termini di strategie formative”. A prescindere dalle future disposizioni, le modalità di lavoro vedranno crescere, secondo quattro aziende su cinque, il ricorso allo smart working, un vero e proprio banco di prova per il futuro. Ma perché sia reale smart working e avvantaggi l’impresa senza nuocere alla produttività né generare un danno al clima aziendale, servono una diversa cultura organizzativa e adeguate dotazioni tecnologiche. Non solo lavoratori responsabili che sappiano gestire in autonomia il proprio tempo e il raggiungimento degli obiettivi, quindi, ma anche un’architettura del lavoro e un management che sostituisca una logica di controllo con un modello basato sulla fiducia e sulla definizione di risultati da raggiungere e sui quali essere giudicati.

La crisi sanitaria ha tra l’altro messo al centro più che mai il ruolo delle competenze “soft” adatte a uno sviluppo sempre meno lineare in cui gestire il rischio connesso alle incertezze richiede un forte pensiero strategico. Le organizzazioni cercheranno sempre più lavoratori portatori di un mix di competenze, nel quale accanto alle conoscenze tecniche e digitali si farà largo l’importanza delle abilità traversali. In futuro serviranno lavoratori più resilienti e autonomi, che sappiano gestire situazioni e problemi nuovi e imprevisti e che si facciano carico di attività nuove e sfidanti. Un suggerimento a chi si presenta a un colloquio e dovrà aggiungere queste caratteristiche al suo bagaglio di competenze. E saranno naturalmente necessari anche manager capaci di gestire le nuove modalità organizzative, di stimolare e coinvolgere i lavoratori attivi da remoto e quindi dotati di un’elevata autonomia.

Nel 2020 le imprese del Nord Est, tra cui il 58% ha dovuto sospendere l’attività durante il lockdown, hanno dovuto rivedere le proprie strategie sul capitale umano: una parte teme di dover ricorrere a licenziamenti quando decadrà il divieto e altre sono state costrette a non rinnovare i contratti in scadenza, La crescita dello smart working ha comunque spinto quattro aziende su dieci ad avviare nuove attività formative o a riprogrammare i contenuti di quelle in corso. I temi più gettonati confermano che il momento richiede di sviluppare nei dipendenti la capacità di affrontare l’emergenza, nuove abilità per scendere a patti con i cambiamenti, per gestire la sicurezza ma anche più attenzione ai fattori di competitività. La formazione ha coinvolto anche i manager, ai quali sono state suggerite le competenze sulle modalità di lavoro da remoto per favorirne una corretta ed efficace applicazione.

Infine, guardando alle prospettive del lavoro nei prossimi sei mesi, le imprese evidenziano quali ambiti e lavoratori avranno più difficoltà oppure migliori opportunità. Tra i settori si prevede una riduzione occupazionale per il turismo, la moda, l’abbigliamento e calzature, il tessile, l’automotive, il commercio e il legno-arredo. Minori le occasioni per il lavoro dei giovani, penalizzati dalla mancanza di esperienza, mentre nei prossimi mesi saranno più favoriti i lavoratori già esperti e coloro con una formazione significativa in ambito digitale. In crescita invece l’occupazione nei settori farmaceutico, digitale, sanità e logistica. Per far fronte a una situazione così critica le imprese auspicano sia politiche di ristoro che azioni utili per affrontare altri mesi difficili. Ad esempio, restando il blocco dei licenziamenti, gli imprenditori ritengono necessaria un’analoga proroga della cassa integrazione durante la quale sarebbe utile che i lavoratori svolgessero un’attività di formazione per prepararsi al nuovo mercato del lavoro. Si chiedono anche incentivi ad assumere i giovani, la categoria più a rischio, e una riduzione dei limiti al ricorso ai contratti a termine.

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